Gli Oggetti d’evasione. Scatoletta e posacenere ecco le opere dei detenuti

I lavori del carcere di Bollate alla Fabbrica del Vapore per la Milano Design Week. Manufatti realizzati per ovviare ai divieti, arredare la cella o volare con la mente.

Il portacenere da branda è stato realizzato da Matteo Zufrano con un flacone del detersivo e una scatoletta di tonno. "Fumare a letto, leggendo, guardando la televisione o bevendo il caffè è come essere sdraiati sul divano di casa. O quasi. Chi se lo ricorda più com’è un divano", spiega il detenuto. Matteo ha realizzato anche un forno artigianale, "per avere la comodità del forno di casa in cella e affinare le proprie capacità. La pizza si cucina in venti minuti". Lo sbattitore elettrico, invece, è stato creato con un motore di ventilatore elettrico e forchette in plastica saldate a caldo. L’autore Salvatore Abate, spiega: "È adatto a diversi usi come montare le uova, la panna o fare una crema. Voglia di dolcezza anche dietro le sbarre".

E c’è anche la grattugia di Umberto Spinelli, "noi la usiamo per grattare il formaggio, ma c’è chi pensa che sia un’arma impropria. Basta una scatoletta di tonno per risolvere il problema". Sono gli "Oggetti d’evasione", quelli creati dai detenuti e dalle detenute del carcere di Bollate in mostra alla Fabbrica del Vapore in occasione della Milano Design Week. Il progetto è stato realizzato nei mesi scorsi dal periodico di informazione realizzato dai detenuti "CarteBollate" insieme agli studenti di Social Design del Naba (Nuova accademia di belle arti) Si tratta di oggetti realizzati soprattutto per ovviare ai divieti, o per ‘volare’ con la fantasia.

"In carcere, per esempio, sono vietate le grattugie, gli uncinetti, gli strumenti per cucinare. Ammesse le penne biro, che all’occorrenza diventano ferri da calza (che invece sono vietati) - spiega Susanna Ripamonti, direttrice del periodico - La vita detentiva è fatta di divieti, privazioni, della necessità di riempire i vuoti, di ritrovare la quotidianità dei propri gesti. Questi oggetti, raccolti con un lungo lavoro di scavo, che ha coinvolto la parte più emarginata della popolazione carceraria, sono ora riuniti in una mostra". Gli oggetti sono stati realizzati per “arredare” la cella, ma non solo. Come il "pupazzetto di carta" di Franco Patamia, "li faccio come passatempo, per abbellire la cella, per fare dei regali". La mostra, curata da Alessandro Guerriero, è anche un viaggio nel mondo del carcere in cui la creatività diventa sopravvivenza. Si potrà visitare tutti i giorni fino al 21 aprile dalle 10 alle 20, ad ingresso libero.

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