MARCO GALVANI
Cronaca

Strage di ciclisti, parla Gianni Bugno: “Milano prenda esempio da Parigi e Amsterdam”

Il due volta campione del mondo chiede più coraggio al sindaco Beppe Sala sulla mobilità sostenibile dopo gli ultimi tragici incidenti

Gianni Bugno ex ciclista professionista

Gianni Bugno ex ciclista professionista

“La bicicletta è un mezzo di trasporto e quindi ha diritto di stare in strada. Avete visto cosa stanno facendo a Parigi o ad Amsterdam? Le strade alle biciclette. E allora se ci sono riusciti loro, perché non dovremmo poterlo fare anche qui? Il sindaco di Milano Beppe Sala dovrebbe trovare il coraggio di prendere certe decisioni”.

Gianni Bugno, due volte campione del mondo di ciclismo all’inizio degli anni Novanta, un paio d’anni fa aveva anche tirato la volata proprio a Sala alle elezioni comunali. Schierato con i Riformisti. Non riuscì ad arrivare al traguardo del consiglio comunale, ma i temi che gli stavano a cuore allora, come oggi, non sono cambiati. Perché "il problema della sicurezza sulle strade c’è sempre. Ciclisti e pedoni restano gli utenti più deboli”.

Non è cambiato nulla?

"Direi, invece, che è cambiato in peggio. Perché il traffico è aumentato e c’è sempre meno educazione. E lo dico rivolto non soltanto agli automobilisti, ma anche a ciclisti e pedoni”.

A Milano è una strage di ciclisti…

"Ma per forza, ci sono auto parcheggiate ovunque, mezzi che invadono le corsie per le bici e pedoni che pensano di usare le piste ciclabili come marciapiedi. Senza dimenticare i monopattini e le biciclette a pedalata assistita che raggiungono anche i 30 chilometri orari, ma sono guidate da persone che in bici non sanno andare».

Servirebbero, quindi, più piste ciclabili per proteggere gli ‘utenti deboli’ della strada?

"Le ciclabili non sono sicure. Nemmeno a Milano. E ripeto: la bicicletta è un mezzo che deve avere il diritto di circolare in strada. Il ciclista non deve essere ghettizzato su una pista. Non dovrebbero essere i ciclisti ad abbandonare le strade, piuttosto dovrebbero essere gli automobilisti a imparare a convivere con i ciclisti. Come fanno con i pedoni quando sono sulle strisce pedonali o con i trattori quando le macchine si incolonnano dietro aspettando di poter passare senza suonare il clacson».

Ma allora qual è la soluzione?

"Purtroppo, una ricetta immediata non c’è. Milano, come le altre altre città medio-grandi, è questa. Il traffico è quello in cui ogni giorno ci troviamo immersi e le nostre strade sono vecchie, non sempre tenute come si deve e gli spazi sono stretti per riuscire a costruire serie piste ciclabili”.

Ma da qualche parte bisognerà partire: cosa suggerirebbe al sindaco di una grande città come Milano?

"A Sala ci sarebbero tanti consigli da dare, ma innanzitutto potrebbe copiare quello che ha fatto la sua collega di Parigi, promettendo di liberare dalle auto una città che ha un’area metropolitana che ospita più di 10 milioni di persone».

Come?

"Intanto sarebbe utile istituire sensi unici in entrata e in uscita delle strade. Area B e Area C vanno anche bene, ma sono solo una parte della soluzione. Prendiamo corso Buenos Aires a Milano. Andrebbe fatta a senso unico perché adesso è un caos, hanno peggiorato la situazione facendo una ciclabile costretta a una gincana tra le auto. È un pericolo per tutti. Il senso unico alleggerirebbe il traffico".

Spesso, però, i ciclisti sono vittime di mezzi pesanti e bus. Difficile pensare di bloccare quel tipo di traffico…

"Certamente è impensabile. Ed è cosa buona che da ottobre in centro a Milano saranno obbligatori i sensori sui mezzi pesanti per rendere ‘visibile’ l’angolo cieco. Ma se ci fossero in circolazione molte meno macchine, la prospettiva cambierebbe".

Ma in quale modo si possono allontanare le auto dalla città?

"Innanzitutto creando dei parcheggi di interscambio. Milano è una città che potrebbe stare senza macchine. Ci sono mezzi pubblici che ti portano comodamente ovunque. Oggi c’è tanta gente che va in palestra in macchina per fare anche solo 3 chilometri. È paradossale".

Quindi è anche una questione culturale?

"Bisogna cambiare la mentalità, ma partendo dai giovani. È lì che bisogna iniziare, dalle scuole. Per insegnare l’educazione stradale. Perché non sono mica convinto che tutti conoscano il codice della strada".