
Alberto Genovese
Per quasi tre ore Alberto Genovese è stato interrogato in Procura, nella seconda tranche delle indagini per ulteriori accuse, tra cui altri episodi di violenze sessuali nei confronti di due giovani e con lo stesso schema, ossia con uso di cocaina. "Meno male che mi avete arrestato, perché così mi avete salvato dalla tossicodipendenza e dai miei errori", ha detto ai pm l’ex fondatore di startup.
Per il resto, l’ex imprenditore del web, già condannato in via definitiva nel primo processo, ha spiegato ancora una volta ai pm che anche queste presunte violenze contestate, sempre risalenti al 2020, sono avvenute in un contesto di festini in cui tutti i presenti, ragazze comprese, si drogavano e che lui, nelle condizioni di tossicodipendenza in cui era, pensava che le giovani fossero consenzienti. Ha riferito anche che ora, prima quando era in clinica e poi in carcere (è detenuto a Bollate), si è curato ed è riuscito ad uscire, con fatica, dalla tossicodipendenza.
Genovese dopo la chiusura del nuovo filone, coordinato dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini e sempre condotto dalla Squadra mobile, ha chiesto di essere interrogato e ieri è comparso davanti ai pm.
"Questi ricordi mi provocano difficoltà a dormire e altresì un grande senso di soffocamento". Con queste parole una delle due vittime, anche lei modella, dei presunti abusi sessuali contestati a Genovese nell’inchiesta bis aveva messo a verbale quei giorni in cui si risvegliava "semicosciente e ricoperta di graffi e lividi". All’ex imprenditore vengono contestate presunte violenze su altre due giovani, a volte anche assieme all’ex fidanzata, già condannata anche lei nel primo processo.
La modella 22enne, che ha raccontato anche di aver avuto una relazione per un periodo con Genovese, sarebbe stata vittima di abusi avvenuti tra settembre e ottobre 2020 (anche pochi giorni prima della nota festa a Terrazza Sentimento in cui avrebbe subito abusi una 18enne, la prima vittima accertata). Cinque "ipotesi di violenza sessuale" sulla 22enne erano finite già al vaglio del gip Tommaso Perna che per quei fatti (e per presunti abusi anche su un’altra ragazza), però, non aveva disposto la misura cautelare. L’accusa di intralcio alla giustizia riguarda, invece, il tentativo di offrire, prima dell’arresto del novembre 2020, poche migliaia di euro alla modella 18enne (la prima vittima) in cambio di una sua ritrattazione su quelle 20 ore di abusi nella notte dell’ottobre 2020. L’ipotesi di detenzione di materiale pedopornografico, infine, riguarda la cartella chiamata "La Bibbia 3.0" nella quale la Polizia postale trovò immagini di minori.