
Riccardo Scamarcio nelle vesti di un giovane ‘ndranghetista venuto al Nord
Milano, 13 aprile 2019 - Auto sportive, montagne di soldi, una moglie devota e un’amante trasgressiva, vestiti gessati, pretenziosi e cafoni, locali «pettinati» e proiettili. Nel film “Lo spietato” (uscito nelle sale dall’8 al 10 aprile e in onda dal 19 su Netflix) ci sono tutte le atmosfere di una Milano (e soprattutto un hinterland) anni Ottanta dove la ‘ndrangheta iniziava a mettere le mani per colonizzarla.
La criminalità ricca e sfacciata, che non ha paura di sparare. Gli ambienti sono quelli di Buccinasco, dove i bar diventavano uffici delle ‘ndrine dove spartirsi affari e denaro. Le atmosfere che ricrea il regista Renato De Maria fanno rivivere i film che hanno fatto la storia del genere noir dal sottofondo mafioso. De Palma, Coppola, Scorsese, ma anche il nostro Elio Petri: registi di cui “Lo spietato” richiama scene e sceneggiature. Il protagonista è Riccardo Scamarcio, nel film Santo Russo, giovane che ha lasciato la Calabria ‘ndranghetista per spostarsi al Nord, a Buccinasco, dove vive con la moglie.
Tutto ricorda la storia di Saverio Morabito, il super pentito che nei bar di Buccinasco, negli anni Ottanta, prendeva ordini dai Papalia che proprio nel Sud Milano hanno portato gli affari sporchi della ‘ndrangheta. Il film è stato girato per lo più vicino a Pavia e nel foggiano, ma gli autori, studiando storia e ambientazioni attuali, sono riusciti a ricreare la cittadina del Sud Milano ribattezzata tristemente Platì del Nord. «Una storia avvincente – ha commentato Scamarcio in un’intervista –, dove affari e crimine si sovrappongono».