Omicidio a Milano, uccide il padre a coltellate: il fratello era morto da kamikaze in Iraq

Mohammed Morchidi, accoltellato al Giambellino per una sigaretta. Nel 2003 il primogenito Kamal si fece esplodere a Baghdad

Il luogo dell'omicidio al Giambellino

Il luogo dell'omicidio al Giambellino

Del primogenito Kamal smise di avere notizie nel novembre 2002, salvo scoprire l’anno dopo che era morto in Iraq, probabilmente come kamikaze nell’attentato con auto-bomba del 26 ottobre 2003 all’hotel Al Rashid di Baghdad, che in quei giorni ospitava l’allora sottosegretario americano alla Difesa Paul Wolfowitz. Il secondogenito Zakaria l’ha ucciso domenica pomeriggio, accoltellandolo per sei volte in largo Giambellino. La vita e la morte del sessantanovenne marocchino Mohammed Morchidi sono state tragicamente segnate dai due figli. Della vicenda di Kamal, reclutato nella moschea di viale Jenner a Milano all’inizio del nuovo Millennio dal mullah Fouad e inviato nei campi di addestramento dell’organizzazione salafita Ansar al Islam, si parla in alcuni passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nel giugno 2005 nei confronti di Abu Omar, l’ex imam ritenuto "uno dei principali punti di riferimento in Lombardia" di Ansar Al Islam (verrà condannato a 6 anni per terrorismo internazionale) e rapito il 17 febbraio 2003 da agenti della Cia.

La scena del crimine
La scena del crimine

Negli atti, il gip Guido Salvini si sofferma proprio sulla figura del padre Mohammed, definendo la sua deposizione "umanamente toccante allorché, con toni di semplicità e di sincerità, egli racconta che suo figlio Kamal aveva lavorato con lui al mercato sino alla fine del 2000 e non aveva mai dato luogo ad alcun problema". Poi cambia qualcosa: il ventenne inizia a frequentare assiduamente la moschea di viale Jenner, si fa crescere la barba, legge assiduamente il Corano, si assenta dal lavoro e litiga sempre più di frequente coi familiari. Nel 2001, Kamal scompare per tre mesi, per poi ripresentarsi qualche mese dopo senza dare spiegazioni sul periodo trascorso in Arabia Saudita. Nel novembre 2002, sparisce di nuovo; e nel 2003 i genitori scoprono "dalla stampa che il giovane Kamal era morto in Iraq". Dopo la sua prima scomparsa, si legge nel provvedimento, "il padre Mohammed si era anche recato molte volte presso la moschea di viale Jenner per cercare notizie del figlio e aveva litigato con l’imam, di cui non ricorda il nome, accusandolo di aver rovinato suo figlio". Di più: "Aveva chiesto anche di salire al primo piano della moschea, dove egli sapeva che i giovani venivano indottrinati facendoli assistere alla visione di cassette videoregistrate e ove sperava si potesse ancora trovare suo figlio, ma l’accesso in quella parte della moschea gli era stato impedito".

Di Kamal resterà traccia in alcuni documenti ritrovati nella base bombardata di Ansar al Islam a Kurmal, nel Kurdistan iracheno: la carta d’identità italiana numero AH1003583 intestata "a Morchidi Kamal, di nazionalità marocchina, nato il 23.04.1980 a Beni Mellal (Marocco), residente a Milano in via Martiri Oscuri 3"; un formulario per la richiesta di visto inoltrato l’8 giugno 2002 all’Ambasciata d’Iran a Damasco; e un codice fiscale italiano emesso nel 1997. A più di 18 anni da quell’attentato suicida, la famiglia Morchidi è stata devastata da un altro dramma: quello di un figlio che ammazza il padre. Zakaria è stato fermato dalla polizia subito dopo l’omicidio: in cura per problemi psichiatrici, nelle prossime ore verrà interrogato, alla presenza di un perito, per valutarne l’imputabilità.

 

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