
Il superboss Gaetano Fidanzati morto nel 2013
Milano, 14 marzo 2016 - Era la donna del capo. Ma ora giura di aver raccontato all’epoca gli affari di lui solo perché indotta dall’avvocato. Per l’accusa però era lei, insieme a Guglielmo Fidanzati (figlio del vecchio superboss di Cosa Nostra Gaetano) a tessere la tela dei prestanome che gestivano sei o sette anni fa i locali della movida milanese, dallo Shocking al Papaja, dal Luminal al Van Gogh e al Cafè Solaire. Night e discoteche in realtà saldamente nelle mani del socio occulto Fidanzati jr., 55 anni, rimasto solo presunto re del narcotraffico alla milanese perché morto prima di qualunque sentenza nel gennaio 2014 all’ospedale di Vigevano, dove era ricoverato da poco.
Stando alla procura, che ne chiese e ottenne il rinvio a giudizio, Pamela Tordini era la sua fidanzata ma anche quella che gli teneva i conti. La giovane donna che a tutti diceva di parlare «per conto di lui» e che una volta in carcere raccontò per filo e per segno come stessero le cose con lunghi verbali di ammissione in cui tracciò l’elenco delle partecipazioni azionarie (e dei prestanome) ricomprendendo nella lista dei locali controllati dal clan Fidanzati fra gli altri anche Borgo Karma, discoteca in cui si esibì la neo maggiorenne Ruby Rubacuori, la ragazza marocchina tanto cara a Silvio Berlusconi. Ora che però Fidanzati jr. non c’è più, che alcuni di quei prestanomi hanno patteggiato e altri subito condanne con rito abbreviato, Tordini si ritrova a processo insieme agli ultimi tre accusati di essersi fittiziamente intestati i locali del boss attraverso un gioco di società scatole vuote: Domenico Lamanna, Paride Picciolo e Ruggiero Paolillo. Ma ora davanti ai giudici, alle domande del pm Sara Ombra la donna non ha confermato il contenuto dei dettagliatissimi verbali nei quali Tordini spiegava chi avesse gestito lo Shocking, il Luminal o il Solaire per conto del capo, ma ha invece ripetuto più e più volte di aver saputo solo vagamente della gestione di quei locali controllati dal suo uomo. E che le confessioni le sarebbero state imposte mentre si trovava in carcere dal suo avvocato di allora. Forse (ma lei non lo ha precisato) con la buona intenzione di farla uscire al più presto da lì.Vedremo se il tribunale le crederà.
di MARIO CONSANI
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