Barona, fidanzata sequestrata e torturata: "Tenetemi in cella, non mi controllo"

L’aguzzino seriale è a San Vittore. Ma il gip nega una nuova perizia

Giacomo Oldrati

Giacomo Oldrati

Milano, 27 luglio 2019 - Vuole restare in carcere, perché «qui mi sento più tranquillo» mentre «là fuori ho paura di tornare a fare altri danni». Giacomo Oldrati è a San Vittore dal 4 giugno, l’arrestò la polizia chiamata dagli inquilini di un palazzo in via Biella, alla Barona, che avevano raccolto in cortile una ragazza di 26 anni, nuda e terrorizzata. Era precipitata da 4 metri, spaccandosi diverse ossa, mentre si calava da un appartamento al secondo piano, per scappare da Oldrati che l’aveva sequestrata per quattro giorni, picchiata, umiliata, gettata nella vasca piena d’acqua gelida. Eppure lei solo il giorno prima mandava via i genitori venuti a cercarla a casa del suo aguzzino, che era anche il suo ragazzo.

La storia sembra meno incredibile esaminando i precedenti del quarantenne Oldrati, detto “il guru del corallo” da quando l’arrestarono a Bologna, nel 2012, per aver seviziato quattro ragazze, drogandole con una sostanza tossica estratta dai funghi del corallo palythoa che coltivava nel suo acquario. Si definiva «maestro Zen» o anche «Messia», a loro diceva «sono un dio, dovete sottomettervi e pentirvi». E però da quelle accuse (sequestro di persona, violenza sessuale, lesioni aggravate e tentato omicidio) il “guru” è stato assolto a Bologna, in primo grado e in appello, perché dichiarato incapace di intendere e di volere. «Ho perso il controllo, non sono in grado di controllarmi», dice oggi al Resto del Carlino attraverso il suo avvocato Marco Calanca.

Ma a Milano, invece, il gip Ilaria De Magistris gli ha appena rigettato una nuova perizia psichiatrica tramite incidente probatorio chiesta dalla difesa, in quanto «non sussistono i presupposti». A San Vittore il “guru” è stato giudicato dagli psichiatri «in buone condizioni, vigile, collaborante». Nessun «sintomo psichiatrico maggiore» e nessuna «volontà anticonservativa». Nell’interrogatorio «ha mostrato di aver compreso gli addebiti» e si è difeso. In attesa che l’indagine venga chiusa è detenuto tra i “protetti” e lì dice di voler restare, perché «fuori ho paura di rifarlo ancora».

«Lui sa muoversi, è abilissimo, con una grande capacità di manipolazione. E soprattutto è capace di intendere e volere». Questo lo dice, invece, una delle quattro vittime bolognesi dell’aguzzino, che ha impugnato la sentenza di proscioglimento a fini civilistici. Aveva 27 anni a fine settembre 2012, quando insieme a tre amiche diventò una preda di Oldrati, che in un appartamento di Bologna tentò di soffocarla, le estirpò un neo sul collo con le forbici in quanto «fonte del male», le tagliò i capelli con un coltellaccio, e alcuni giorni dopo, a Cervia, la costrinse ad atti sessuali. Violenze di cui Oldrati non ha mai risposto, e la sua assoluzione impedì alle ragazze di ottenere qualunque risarcimento, ma una non si arrende, con l’avvocato Maria Virgilio ha impugnato la sentenza davanti alla Cassazione per avere almeno quello. Partendo da un fatto: la «piena imputabilità di Oldrati».

Il legale ricorda come il consulente di parte avesse escluso «patologie mentali e psicosi, ritenendo che presentasse disturbi della personalità gravi (disturbo schizotipico)», ma che questi «non hanno inciso sulla capacità di intendere (né di volere) al momento dei fatti». Nei tre motivi depositati il 27 giugno, la parte civile ricorda come il test Wais-R sul quoziente intellettivo del “guru” «gli riconosce un’intelligenza sopra la media e la marcata presenza di capacità manipolatorie». Tribunale e Corte, dopo aver ritenuto Oldrati «socialmente pericoloso», gli diedero un anno di libertà vigilata con prescrizioni terapeutiche. Ma la terapia farmacologica, secondo il legale, sarebbe stata «leggera» e dunque «inadeguata se si fosse in presenza di un disturbo bipolare di tipo primo», come diagnosticato a Oldrati. Quanto accaduto due mesi fa a Milano, secondo l’avvocato, «dimostra come la nostra tesi di allora fosse giusta. Andremo fino in fondo». 

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