Mamma, papà e figli universitari costretti a dormire nell’auto: “Dopo lo sfratto abbiamo perso tutto”

Trezzo, il licenziamento e poi i debiti. In strada con l’aspirante ingegnere e il futuro economista. Dopo sette giorni la mobilitazione e parte la gara di solidarietà

La famiglia è stata costretta a vivere in auto (foto di repertorio)

La famiglia è stata costretta a vivere in auto (foto di repertorio)

Dopo lo sfratto hanno dormito una settimana in macchina, il peggiore degli incubi con la colonnina di mercurio scesa fuori stagione, poi per la famiglia di origine turche sfrattata a Trezzo sull’Adda, nel Milanese, è scattata una gara di solidarietà. La parrocchia paga il bed and breakfast al padre e il Comune ai figli, entrambi studenti universitari (ma i fratelli sono in una struttura diversa), i parenti ospitano la madre e il sindacato inquilini cerca un nuovo alloggio per tutti. Nel frattempo per il marito arriva un lavoro. È in prova per tre giorni. Domani, la decisione che potrebbe permettere la riunificazione dei quattro sotto lo stesso tetto.

“Un sogno”, dicono i coniugi che preferiscono mantenere l’anonimato. "Decisivo nella vicenda l’intervento del fondo ‘Un poco per tutti’ della chiesa, ma la povertà avanza e i casi sono destinati ad aumentare", dice Gianluigi Colombo del Sicet. È lui che assiste la coppia e i ragazzi . "Abbiamo fatto di tutto per evitare che finissero in mezzo alla strada, ma non c’era una casa in affitto neanche a pagarla oro, - aggiunge - figuriamoci con le nostre poche risorse".

"Questo è un esempio di collaborazione tra pubblico e privato, ma a me piace dire che è il cuore grande della gente a fare la differenza. Per evitare il peggio, volte, basta davvero tendere una mano". I figli studiano "e l’amministrazione intervenendo ha permesso a entrambi di non interrompere le lezioni, anche in questa situazione".

Il più piccolo, 19 anni, è iscritto a Economia a Bergamo e ha un’occupazione a tempo determinato per mantenersi, 500 euro a fine mese per il part-time verticale che gli permette di conciliare i suoi impegni. L’altro, 21 anni, fa Ingegneria a Lecco. "Non riuscivo a dormire e pensavo: come faranno a lavarsi i denti stamattina – racconta il sindacalista –? Immaginiamoci il resto. Il bisogno di una doccia. Lo sfratto cancella anni di sacrifici per ottenere un posto precario o sottopagato con lo scoglio di essere stranieri da superare ogni giorno".

“Quando mi hanno licenziato non sono più riuscito a pagare la casa e ho accumulato 16mila euro di debito – ricorda il padre – la proprietaria aveva ragione, ma noi non avevamo torto". Parole che accendono riflettori su una condizione terribile "ritrovarsi senza un tetto sopra la testa nonostante tutto l’impegno che ci abbiamo messo".

Sfratto è anche "perdere tutte le proprie cose. Non abbiano ancora trovato un posto dove stoccare i mobili e le masserizie e se non lo facciamo entro un mese da quando ci hanno buttato fuori, finiscono al macero. È come se la nostra vita non valesse nulla". Sull’Adda serve un altro piccolo miracolo. "Speriamo che qualcuno ci aiuti – conclude Colombo –. Il posto per il marito arrivato dopo una lunga disoccupazione potrebbe essere davvero il punto di svolta. Sono ore di ansia, aspettando la conferma che potrebbe cambiare tutto. Uno stipendio fisso significa poter tornare di nuovo insieme".

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