Falso Expo, per Sala è prescrizione. Ma agì per motivi di "valore sociale"

I giudici d’appello non lo assolvono come chiedeva la difesa, ma confermano l’attenuante legata ai tempi dell’Esposizione

È prescritto il reato di falso contestato al sindaco Giuseppe Sala. Condannato in primo grado a sei mesi (convertiti in pena pecuniaria) per la firma apposta nel 2012 in calce a due verbali retrodatati quando era ad di Expo spa, Sala - che si è sempre detto innocente - avrebbe potuto rinunciare alla prescrizione e cercare l’assoluzione nel merito. Ma il suo avvocato Salvatore Scuto spiega in una nota che è stato proprio lui a convincere il sindaco a non farlo. Una scelta diversa, chiarisce il difensore, "avrebbe rappresentato una non fisiologica torsione del sistema Giustizia, idonea solo a produrre una ulteriore ed inutile perdita di energie soprattutto dal punto di vista umano e personale".

E così ieri la Corte d’appello ha dichiarato la prescrizione del reato, maturata già lo scorso novembre, respingendo la richiesta della difesa Sala che sperava in un’assoluzione senza processo sulla base di prove di innocenza "evidenti". I giudici hanno però respinto anche il ricorso della Procura generale, che voleva cancellare l’attenuante concessa dal tribunale all’ex commissario Expo ora sindaco, quella di aver agito per motivi di "particolare valore morale o sociale".

In pratica, quando appose la firma sotto due verbali retrodatati per sostituiva due commissari di gara per il mega appalto della “piastra“ dei servizi, la spina dorsale informatica dell’Expo milanese, per i giudici Sala sarebbe stato consapevole del reato ma avrebbe agito al solo scopo di accelerare i tempi e rendere possibile il puntuale avvio della manifestazione.

"Rimane un fatto storico che è stato giudicato da un punto di vista penale sotto il profilo di responsabilità, da un punto di vista sociale e sostanziale è stato riconosciuto un grande merito a Beppe Sala non solo nei confronti di Milano ma di tutto il Paese" puntualizza l’avvocato Scuto.

Nella nota, il legale ricorda anche che la Procura generale "decise di avocare a sé il procedimento nonostante la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura" che "aveva peraltro già ritenuto penalmente irrilevante la retrodatazione dell’atto di nomina dei commissari".

La quarta Corte d’appello, presieduta da Cornelia Martini, ha per il resto confermato la sentenza di primo grado, con l’assoluzione dell’allora braccio destro di Sala, Angelo Paris, che rispondeva pure di tentato abuso di ufficio, di Antonio Rognoni accusato di turbativa d’asta sulla gara d’appalto e di Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani spa, la società che si aggiudicò il maxi appalto.

M.Cons.

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