
Un addetto al lavoro in un’azienda metalmeccanica tra i settori che faticano Fanno meglio invece manifattura, servizi e turismo
Oltre 48mila lombardi sono in cassa integrazione. Considerando la popolazione attiva (4 milioni e 526mila secondo Istat, terzo trimestre 2024), uno ogni cento lavora senza ricevere lo stipendio pieno. Stando a Uil Lombardia, che ha presentato il 12° Rapporto sulla cassa integrazione (elaborato su dati Inps), nel 2024 sono state autorizzate 96 milioni di ore di cassa, il 22,6% in più in un anno. "Questa crescita, letta anche in relazione ai numeri di dimissioni e assunzioni, dimostra ancora una volta che la ripresa è solo sulla carta – dichiara Salvatore Monteduro, segretario confederale Uil Lombardia –. Si continua con la narrazione che va tutto bene e l’economia cresce. Ma il trend è allarmante".
Preoccupa in particolare la crescita della cassa ordinaria (+28,4%), segno delle difficoltà operative delle aziende. Cala, invece, quella in deroga (-18%): le misure emergenziali stanno finendo (+8% invece la straordinaria). Guardando ai settori, è l’edilizia a pagare il prezzo più alto con un incremento del 95,5%. L’industria complessivamente ha fatto ricorso alla cassa nella misura del 23,2% in più. "Interi comparti produttivi sono a rischio di collasso – commenta Monteduro –. Non possiamo permettere che la cassa integrazione diventi condizione cronica. Se il Governo non interviene subito, nel 2025 potremmo trovarci di fronte a una crescita della disoccupazione con conseguenze devastanti per il sistema economico lombardo e nazionale".
A livello provinciale l’incremento più critico si registra a Sondrio: +195,3%, 472 lavoratori coinvolti. In generale è l’Alta Lombardia a essere stata investita dal ciclone ammortizzatori sociali: +71,8% Lecco (2.422 in cassa), +44,9% Como (4.549 addetti), +43,6% Bergamo (7.483 persone). Solo Brescia contiene i danni: +8,2%, con 9.682 lavoratori. Più a Sud, invece, Lodi e Cremona sono in controtendenza (-21,5% e -11,9%), mentre Pavia (+66,5%, 1.426 lavoratori) sconta il prezzo più alto (a Mantova +28,8%, con 2.923 cassintegrati). Varese vede crescere del 26,4% la cassa (6.444 lavoratori), mentre Milano e Monza “pagano” il 6,8% e l’11,5% in più di un anno fa (7.722 e 2.588 addetti). "È come una piccola tempesta perfetta che si abbatte sul tessuto produttivo e che erode la sua capacità di competere – commenta Giovanni Bozzini, presidente di Cna Lombardia –. La nostra manifattura è sempre robusta, il turismo fa numeri interessanti, cresce una componente di terziario avanzato e di servizi digitali e tecnologici. Ma abbiamo bisogno di restare ben posizionati a livello di produzione industriale. Cna Lombardia monitora e testimonia un crescente e preoccupante utilizzo degli ammortizzatori. Da tempo moda, tessile, metallurgia, meccanica ci preoccupano".
Guerre, instabilità, costo dell’energia, stagnazione della crescita in Germania, il profilarsi di politiche protezionistiche da parte degli Usa "sono altri fattori che frenano lo slancio della nostra economia. E poi registriamo un drastico calo dei volumi di credito erogato dalle banche nell’ultimo biennio". La richiesta è chiara: "Servono investimenti, alleanze tra le grandi Regioni europee, azioni di filiera su cui segnali importanti sono arrivati da Regione Lombardia – spiega Bozzini –. Ora chiediamo che il Governo faccia la sua parte anche in Europa".