Saluti romani e camicie nere, davanti al giudice l’estrema destra

Il saluto romano dell’avvocato in una sala di Palazzo Marino. Ma anche le croci celtiche, le braccia tese e le camice nere dei giovani di estrema destra. I simboli e le manifestazioni di sapore fascista tornano anche davanti ai giudici milanesi, dopo che la Cassazione nei giorni scorsi ha ribadito che i gesti che rimandano al ventennio continuano, nonostante il passare del tempo, ad essere reato di Mario Consani

Tribunale, toghe

Tribunale, toghe

Milano, 14 settembre 2014 - Il saluto romano dell’avvocato in una sala di Palazzo Marino. Ma anche le croci celtiche, le braccia tese e le camicie nere dei giovani di estrema destra che ogni anno commemorano in piazza Sergio Ramelli, studente colpito a morte quarant’anni fa da quelli di sinistra. I simboli e le manifestazioni di sapore fascista tornano anche davanti ai giudici milanesi, dopo che la Cassazione nei giorni scorsi ha ribadito che i gesti che rimandano al ventennio continuano, nonostante il passare del tempo, ad essere reato.

Toccherà per primo all’avvocato Gabriele Leccisi, fra tre settimane, difendersi davanti al gup Maria Vicidomini. Il pm Piero Basilone ha chiesto il suo rinvio a giudizio perché un anno e mezzo fa Leccisi, seduto tra il pubblico ad una riunione della commissione sicurezza del Comune, salutò in aula alla maniera del duce. Del resto il legale è figlio di quel Domenico Leccisi passato alla storia per aver trafugato la salma di Benito Mussolini dal cimitero Maggiore nel 1946. L’avvocato stava seguendo i lavori della commissione comunale sul piano-rom insieme ad altri esponenti di associazioni di ultradestra, quando una consigliera della lista Pisapia aveva protestato: «Mi hanno riferito che qui ci sono dei fascisti. Se è così, io esco dall’aula».

E quando alcuni consiglieri del centrosinistra avevano invitato «i fascisti» a lasciare la commissione, ecco che sarebbe scattato il saluto romano e le urla: «Ne siamo fieri». In aula era scoppiato il caos. «Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, non accetterà mai apologie del fascismo», protestò duramente il sindaco Giuliano Pisapia, che presentò denuncia. La procura contesta a Leccisi l’articolo 2 della legge Mancino che punisce fra l’altro chi, nel corso di riunioni pubbliche, “compia manifestazioni esteriori tipiche di associazioni o movimenti - come il fascismo - che incitino alla discriminazione per motivi razziali etnici o religiosi”. Delitto punito con il carcere fino a tre anni.

E possibile processo in vista anche per alcuni esponenti dell’ultra destra dopo l’esposto dell’avvocato Federico Sinicato per conto dell’Anpi. Nel mirino dell’associazione partigiani, le commemorazioni pubbliche dello studente di destra Sergio Ramelli, ucciso nel ’75. Sia nella primavera 2013 che lo scorso aprile, l’ultra destra non si limitò a salutare romanamente. «Quelle sere alcune centinaia di persone arrivarono in camicia nera, marciando inquadrate, con bandiere e simbolti celtici», ricorda il legale. «E poi ci sono i contenuti del comunicato stampa diffuso dagli organizzatori...». Anche per alcuni dei protagonisti di quelle serate la procura milanese ha già chiesto il rinvio a giudizio.  

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