
Gli appelli di chi non si è iscritto per tempo all’albo introdotto all’improvviso. E i proprietari delle strutture in affanno, che non trovano laureati. "È effetto domino: così rischiamo di non garantire il servizio alle famiglie".
Laura si è diplomata nel 1985 al “vecchio“ istituto magistrale, che abilitava all’insegnamento fino alla scuola primaria: "Da 24 anni sono educatrice nei nidi, con questo titolo di studio. Ora mi trovo nel limbo perché non mi sono iscritta entro il 6 agosto all’albo, novità last minute". Come Giulia, due diplomi abilitanti, una laurea in Professioni sanitarie, due figli e il terzo in arrivo: "Per dieci anni ho svolto questo mestiere - racconta - adesso sono in maternità, ma chissà se riuscirò a rientrare. In questo momento i miei titoli sono carta straccia". Nella stessa situazione ci sono centinaia di persone in Lombardia: "Riceviamo ogni giorno valanghe di mail con educatrici preoccupate di non poter lavorare più e, allo stesso tempo, proprietari di asili nido che non trovano educatori: un’assurdità", conferma Paolo Uniti, direttore di Assonidi, l’associazione dei nidi e delle scuole d’infanzia privati che aderisce a Confcommercio Milano-Lodi e Monza e Brianza. Nel mirino, "una riforma balneare".
L’albo è stato introdotto questa estate. "Negligenza mia – premette Laura Aportone, titolare del nido La Pulce Giorgia e L′Ape Gaia a Bollate –, ma tra 2.500 incombenze e notizie contrastanti mi sono persa la scadenza. Ho inoltrato la domanda il 4 settembre e non ho ancora risposte. Per assurdo, dopo 24 anni di attività in proprio, per la legge non sono più in grado di fare il mio mestiere. Capisco che le norme possano cambiare, ma non possono essere retroattive". Nel suo caso il problema è doppio: "Non ho più la sezione come in passato, ma lavorano con me nove educatrici: se si ammalava una facevo da jolly, come per le fasce orarie che restavano scoperte visto che il servizio da noi dura anche 12/13 ore e bisogna garantire il rapporto numerico tra bimbi e educatori – racconta Laura –. Sono alla ricerca da mesi di qualcuno che possa darci una mano, ma non trovo nessuno. Troviamo ragazze diplomate, ma non avendo fatto l’iscrizione all’albo non concorrono alla formazione dell’organico, risulterebbero figure non autorizzate. Ho anche educatori che non posso più riconfermare anche se il loro mestiere lo sanno fare eccome. Da dicembre continuo a chiamare persone: alcune non sapevano neppure dell’albo". Come Giulia: "Nel 2008 mi sono diplomata come Operatore dei Servizi sociali e Tecnico dei Servizi sociali, che all’epoca erano abilitanti per lavorare anche nei nidi – racconta –. Sentivo che mi mancava un pezzo, mi sono iscritta alla facoltà di Medicina, “Professioni Sanitarie“ e ho sempre lavorato nelle scuole paritarie dell’infanzia e nei nidi. A luglio ero a casa per problemi di salute e avevo letto distrattamente dell’albo pedagogico, ma io avevo già il mio e non avevo capito dovessi iscrivermi. È rimasto aperto solo un mese. Ho mandato domanda a gennaio e non è arrivata nessuna risposta, l’ho rimandata ieri allegando anche la laurea. Non ci sto dormendo di notte: devo prendere i miei 10 anni di lavoro e buttarli nel cestino?".
Protesta Assonidi: "La legge è stata fatta in fretta e furia e troppi educatori sono rimasti nella terra di mezzo. Non si sa quando saranno pubblicati gli elenchi e il legislatore si è dimenticato anche di dettare le regole del gioco, non è chiaro neppure come verranno eletti gli organi", denuncia Paolo Uniti, che guarda con preoccupazione anche al mondo delle università "che non riesce a creare abbastanza figure con la laurea specialistica e quelle che prepara spesso non sono interessate a lavorare nei servizi dell’infanzia. Si crea un effetto domino e si rischia di non garantire il servizio alle famiglie". Due le richieste: "Vanno tutelati gli educatori che si sono iscritti in fase transitoria – sottolinea il direttore di Assonidi –. Speriamo che nessuno venga bocciato dall’albo perché comporterebbe una espulsione dal mondo del lavoro". "Bisogna mettere ordine al settore – conclude –: le strutture in Lombardia non sono in grado di coprire neppure le assenze per malattia in un settore dove il rapporto numerico va garantito costantemente".