ROBERTA RAMPINI
Cronaca

“E tu, che lavoro sei?“. Spettacolo-provocazione dei detenuti di Bollate

“I figli di Estia“ metteranno in scena dopo otto mesi di prove un testo per riflettere sul tema della professione come definizione dell’identità .

“E tu, che lavoro sei?“. Spettacolo-provocazione dei detenuti di Bollate

“E tu, che lavoro sei?“. Spettacolo-provocazione dei detenuti di Bollate

Il testo nasce da una provocazione: cosa sognavamo da bambini? Cosa ci piacerebbe fare? Com’è cambiato il lavoro e come ha cambiato la società? Un dramma originale e collettivo. Nessuna risposta ma domande più profonde da condividere con chi sta fuori, "spesso il lavoro ci tradisce e altrettanto spesso ci definisce come individui, ma è realmente così? Siamo davvero solo il nostro lavoro?". Attori e tecnici sono tutti detenuti.

Otto mesi di prove per “E tu, che lavoro sei?“, il nuovo spettacolo de “I figli di Estia“, compagnia teatrale dell’associazione culturale PrisonArt, nata all’interno del carcere di Bollate per desiderio di un gruppo di persone detenute che avevano lavorato con Michelina Capato e che volevano mantenere vivo il suo insegnamento anche dopo la chiusura di cooperativa Estia (da qui il nome della compagnia). Due date, giovedì 30 maggio e sabato 1° giugno alle 20.30, nel teatro del carcere, alle porte di Milano.

Un nuovo spettacolo e l’ennesima conferma, nel caso ce ne fosse bisogno, della ‘potenza’ del teatro per rieducare chi ha sbagliato e sta pagando. Per ‘plasmare’ i detenuti in attori e danzatori. Sul palcoscenico ci saranno Antonio De Salve, Aziz Usman, Fabrizio Pasini, Francesco Antonio Cannata, Gianluigi Sferrazza, Jinlai Lin, Leandro Strano, Maurizio Margiotta, Sebastian Nicolas Arredondo, Yong Xiao Hu, detenuti- attori che hanno trovato la loro opportunità di riscatto attraverso questo lavoro collettivo e anche nella magia della recitazione. La parte tecnica delle luci è affidata a Cristian Stepich, quella dei suoni a Cristian Bezzecchi e Raffaele Rullo. Realizzazione di Lorenc Marini, Roberto Stepichi, Gianluca Dercenno. Scenografia e regia sono a cura di Barbara Bedrina e Lorenza Cervara, sotto la visione di Stefano Pozzato, presidente di PrisonArt, i “non detenuti“ del gruppo.

La prima a portare il teatro dietro le sbarre fu Michelina Capato, artista, coreografa e pedagoga, scomparsa nel 2021 a soli sessant’anni. Convinta che il carcere dovesse riabilitare le persone, a partire dagli anni ’90 introdusse i laboratori teatrali a San Vittore. Nel 2004 fondò la cooperativa Estia e portò il teatro anche a Bollate, carcere all’avanguardia nel trattamento dei detenuti. Qui, ancora oggi, il suo ricordo è vivo. Iscrizioni per assistere allo spettacolo sul sito www.prisonart.it entro giovedì 23 maggio.