Donna manganellata dai vigili, il ghisa sotto accusa: “Ho sbagliato, ma lei minacciava di ammazzare qualcuno”

La versione dell’agente: “Avevo in testa l’immagine dei bimbi davanti alla scuola. Il video? Mostra solo la parte finale, non aiuta a capire cos’è successo davvero”

Un frame del video con le manganellate alla donna trans in via Sarfatti

Un frame del video con le manganellate alla donna trans in via Sarfatti

Milano – Quel video l’ha visto pure lui. Più di una volta. Ha guardato e riguardato le immagini che lo immortalano mentre sferra diversi colpi con il distanziatore d’ordinanza a una trans brasiliana davanti alla Bocconi. Quando rientrerà in servizio, dopo aver smaltito i tre giorni di prognosi per una contusione, il ghisa, che da 15 anni indossa l’uniforme, sarà assegnato ai servizi interni, come gli altri tre presenti mercoledì in via Sarfatti.

“Non doveva succedere”

La posizione più delicata è la sua: nel filmato si vedono le "manganellate" a una persona già a terra, con le mani alzate. "Ho sbagliato, ma in quegli istanti l’adrenalina ha preso il sopravvento: non doveva succedere, siamo vigili e dobbiamo riuscire sempre a mantenere la calma e a comportarci in maniera professionale", le parole a chi gli è più vicino.

Video parziale

Detto questo, vanno messi in conto "la concitazione di quei momenti, la corsa per riprendere quella persona dopo il finto svenimento e l’immagine che continuava a girarmi in testa dei bimbi a scuola". E poi c’è l’amarezza per un video che ha mostrato solo l’ultima parte di una sequenza lunghissima: "Non ha di certo aiutato a comprendere il contesto".

Ghisa con tre encomi

Tutto inizia alle 8.15 in via Giacosa: l’agente e il collega, entrambi in forza in un Comando decentrato, intervengono su chiamata di un altro equipaggio. Sono esperti, nel Corpo rispettivamente dal 1999 e dal 2008: pattugliano insieme da 12 anni un’area che va da Loreto a Dergano e in carriera hanno ricevuto tre encomi per aver sventato due suicidi e per aver aiutato un collega preso a bastonate in viale Tunisia. La segnalazione via radio parla di un cittadino "che inveisce contro le persone e in particolare nei pressi del plesso scolastico “Casa del Sole” e che mostra nudità in presenza di donne e bambini frequentanti l’istituto", si legge in una relazione finita agli atti dell’inchiesta della Procura. Nel mirino della trans A.M., stando a quanto risulta, finiscono pure due addetti dell’Amsa, "minacciati più volte dallo stesso soggetto e obbligati ad allontanarsi dall’area in cui dovevano svolgere il loro servizio pubblico di pulizia".

"Ammazzo qualcuno”

La42enne , sempre secondo quanto riferito dai ghisa, urla: "Non mi potete fare un c..., se mi portate via domani torno qui e ammazzo qualcuno", per poi mordersi la mano e cominciare a sputare sangue "gridando di avere l’Aids e di infettare tutti".

Il finto malore

Dopo diversi tentativi falliti di mediazione e un intervento respinto dei sanitari del 118, i due ghisa decidono di accompagnare A.M. in via Custodi e la fanno entrare non senza difficoltà in auto: i sedili posteriori sono separati da quelli anteriori con una lastra di plexiglas. Durante il tragitto, di circa cinque chilometri, con un’altra macchina di supporto, la trans scalcia e dà testate contro il divisorio: "Voi due non arrivate vivi a stasera, io sono pazza". In via Castelbarco, a poche centinaia di metri dalla sede del Radiomobile, gli agenti non sentono più un fiato: si voltano e vedono la quarantaduenne accasciata, come colpita da un malore. "Abbiamo deciso subito di fermarci – ha spiegato l’agente a chi gli ha parlato –. Di recente, ho fatto un corso per utilizzare il defibrillatore automatico: mi sono ricordato che ogni secondo è prezioso, e quindi ho pensato che quella persona avesse bisogno". 

La fuga e gli sputi

In realtà, appena aperta la portiera, A.M. ha dato un calcio ed è scesa, per poi colpirlo alla gamba. In quel momento, è partito l’inseguimento a piedi, durante il quale la trans avrebbe spintonato un altro ghisa. Il primo a raggiungerla, dopo aver preso il passaggio da un ragazzo in motorino, è il collega dell’agente: lei continua a sputare, lui le dà un colpo alle gambe per buttarla a terra e poi usa lo spray urticante. Poi arriva l’altro, che colpisce più volte. Il segretario del Sulpl Daniele Vincini lo difende: "Il colpo alla testa è uno. Era meglio che non ci fossero, ma se li guardate bene sono tutti colpi indirizzati solo a prendere l’attenzione e il soggetto ha avuto zero giorni di prognosi e non ha avuto problemi di tipo fisico".

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