Disastro ferroviario di Pioltello, patteggiamento a ostacoli: rinviata l’unica richiesta

Stop ai quattro anni al solo tecnico che aveva concordato la pena nel silenzio degli alti dirigenti

Il disastro ferroviario di Pioltello

Il disastro ferroviario di Pioltello

Un patteggiamento quasi inafferrabile. Vorrebbe proprio uscire dal processo Ernesto Salvatore, uno dei tecnici di Rete ferroviaria italiana (Rfi) a giudizio per il disastro di Pioltello, con le tre passeggere morte sul treno deragliato quasi quattro anni fa a causa di una rotaia spezzata. Salvatore, all’epoca responsabile del Nucleo manutentivo lavori di Treviglio di Rfi, è l’unico degli undici imputati di omicidio plurimo colposo (compresi i vertici della società) che ha chiesto di patteggiare la pena. In fondo l’unico, a 67 anni e già in pensione, che sembra consapevole della propria parte di responsabilità da condividere, secondo la Procura, con funzionari e dirigenti assai più influenti e in carriera, tutti accusati di aver trascurato una manutenzione dei binari che avrebbe potuto evitare la tragedia.

Salvatore che anche ieri era nell’aula del dibattimento con i suoi capelli bianchi, le spalle curve, l’atteggiamento dimesso, sembra proprio non riuscire a chiudere i conti con la giustizia. Tramite il suo avvocato (e con l’accordo della Procura) aveva proposto già in udienza preliminare una pena di tre anni e mezzo di reclusione. Il gup Anna Magelli respinse l’istanza ritenendo inadeguata la sanzione. Pareva che ieri il patteggiamento - salito a 4 anni di reclusione - potesse andare a buon fine, e invece i giudici della quinta sezione del tribunale hanno preferito non decidere rinviando a febbraio, quando sarà già entrato nel vivo il processo a tutti gli altri imputati. Slittamento dovuto a ragioni tecniche, una questione preliminare relativa all’ammissione delle varie parti civili sulla quale dovrà decidere l’altro collegio e che però potrebbe avere dei riflessi anche nei confronti del tecnico Rfi in termini di spese processuali. Così intanto anche il possibile patteggiamento si allontana.

Fra l’altro, in udienza preliminare presidente e amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, manager dalle carriere in ascesa nonostante l’infortunio di Pioltello, avevano provato in vario modo a far ricadere la maggior parte della responsabilità della strage proprio sulla squadra dei manuentori. Però alla sbarra, oltre a Rete ferroviaria italiana che è anche responsabile civile, ci sono anche l’ex ad Maurizio Gentile, ora commissario straordinario per la messa in sicurezza della A24 e A25, e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici: tra questi Andrea Guerini, all’epoca responsabile della Linea sud della Direzione territoriale produzione, Vincenzo Macello, direttore della Direzione territoriale produzione (entrambi del comparto di Milano), Umberto Lebruto, direttore della Direzione produzione e Marco Gallini, dirigente della struttura organizzativa della società pubblica.

Quel 25 gennaio 2018, in seguito al deragliamento del regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi, treno carico di pendolari partito all’alba, morirono tre donne e un centinaio di altri passeggeri rimase ferito. Per l’accusa, quello di Pioltello fu un disastro ferroviario causato da una lunga serie di omissioni nella manutenzione e nella sicurezza, dovute alla sola volontà di risparmiare sulle spese da parte di Rfi. Già la maxi-relazione dei consulenti tecnici dei pm, del resto, stabilì che l’incidente venne causato dallo spezzone di rotai di 23 centimetri che si fratturò nel cosiddetto “punto zero”per "un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione".  

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