Elisa
Omodei Zorini*
Ogni mattina, studenti e studentesse si alzano e si collegano dalla loro abitazione per seguire le lezioni attraverso uno schermo. Ciò avviene ormai meccanicamente, dal momento che, fatta
eccezione per alcune sporadiche riaperture, questa situazione si trascina da più di un anno in maniera pressoché inalterata. Le criticità di questa nuova modalità sono molteplici e non sono circoscritte all’ambito strettamente materiale (c’è chi non ha una connessione stabile o uno spazio silenzioso ed i dispositivi adatti), ma si estendono anche a quello personale e psicologico, ad esempio a causa del fatto che la socialità è quasi totalmente sacrificata – c’è da chiedersi se coloro che frequentano il primo o il secondo anno di un ciclo di studi conoscano veramente i loro compagni e i docenti.
Dal momento che i disagi che si stanno creando sono reali, reale è la necessità di un cambiamento: servono investimenti e provvedimenti che, a partire dai bisogni concreti di tutti coloro che vivono - o dovrebbero vivere- la scuola, plasmino il sistema scolastico su un nuovo modello. L’auspicata riapertura dovrebbe essere accompagnata da misure che da una parte rendano gli ambienti scolastici luoghi sicuri -traguardo raggiungibile lavorando in primo luogo su tracciamento, implemento delle reti di trasporto pubblico, scansione oraria ed edilizia- e dall’altra rendano la scuola effettivamente a misura di studente, facendo sì che l’istruzione risulti essere uno strumento di crescita personale e collettiva per lo sviluppo delle giovani e dei giovani nella loro personalità ed un veicolo per la diffusione della cultura, cosa in questo periodo più che mai necessaria. Proprio per queste ragioni si sono susseguite le proteste da parte di studenti e studentesse, insieme a docenti e genitori, per richiedere che all’istruzione venga data nelle agende politiche l’importanza che merita.
*Liceo classico Parini