Diana Pifferi, bimba morta di stenti. Ponte Lambro è diviso: accuse e verità tardive

L’addio tra i veleni incrociati della comunità: "Tutti sapevano che Alessia lasciava in casa la bambina"

Milano - "Se un minimo di quello strazio che la nonna Maria e la sorella Viviana hanno mostrato al funerale che si è celebrato ieri, alla parrocchia di Borgolombardo, l’avessero mostrato alla piccola Diana mentre era in vita, forse la bimba di 18 mesi, morta di fame e di sete, sola, in casa, si sarebbe salvata". La comunità del quartiere di Ponte Lambro, periferia Est di Milano, accusata di non essere intervenuta sulla vita al limite di Alessia Pifferi, 36 anni, ribalta l’accusa e denuncia a mezza bocca. Sono le parole dei coetanei di nonna Maria: Lina, Antonella, Sandra, Ivo, a descrivere, solo oggi che la storiaccia nera si è conclusa, cosa succedeva in quell’incrocio di quattro vie desolanti e una piazzetta disadorna, che stanno dietro all’ospedale Monzino. "Alessia - racconta Lina - l’abbiamo vista nascere perché con la sua mamma ci conoscevamo da ragazze. Ed eravamo state noi a organizzarle il secondo matrimonio, qui nella chiesta del quartiere".

Alessia aveva conosciuto Franco quando era appena maggiorenne, era scappata con lui a vivere a Palermo e lì si era sposata civilmente. "Siccome non andava d’accordo con la famiglia del marito - racconta ancora - avevano deciso di tornare a Milano insieme e di risposarsi qui. Avevamo fatto una colletta e le avevamo regalato l’abito da sposa che lei aveva comperato in un bel negozio cinese. Alessia era gelosissima del marito Franco. Quando lui andava a lavorare lei che, invece, non aveva mai lavorato, lo seguiva ovunque e lo guardava temendo che un’altra donna potesse corteggiarlo". Vivevano dei lavoretti saltuari di lui. Poi quattro anni fa di quel marito che non la portava mai da nessuna parte non ne aveva voluto più sapere. Si era messa a dieta, si curava di più e aveva comiciato a chattare sui social. Inevitabile incorrere in storie sentimentali poco affidabili. Ma lei, Alessia era così, “senza filtri“.

"Si era innamorata di questo nuovo uomo di Leffe - raccontano ancora le donne che siedono ogni mattina sulle panchine della piazzetta a chiacchierare - ma ne aveva avuti altri qui nel quartiere. Ad alcuni diceva che era sterile, ad altri che aveva perso tre bambini. Aveva raccontato di avere avuto una malattia gravissima e di essersi salvata per caso. Non è vero che aveva partorito in casa. Aveva partorito in ospedale. E quando Daiana (perché nel quartiere la chiamano tutti così) si era sentita male, una settimana di febbre e la mamma Alessia era a Montecarlo con l’elettricista, era stato il suo ex marito Franco che si era messo una mano sul cuore e aveva accompagnato Maria e la bimba in ospedale fino a Bergamo dove risultava che la piccola fosse nata". Il resto della vita di Alessia è la cronaca di una tragedia che, forse, poteva essere prevista ed evitata.

Tutti sapevano , così appare oggi, che Alessia lasciava in casa, sola, la bambina. "Tutte le volte che la vedevo sola al bar tutta in tiro - dice ancora Lina - le chiedevo: dove è Daiana e lei diceva sempre “è con la baby sitter, è con mia sorella Viviana“, ma tutti sapevano che con la sorella non parlava da almeno un anno e mezzo, giusto da quando era nata la bimba e avevano litigato per motivi economici e che la baby sitter non se la poteva nemmeno permettere. Chiedeva soldi a tutti, le ultime 100 euro gliele ha prestate il prestinaio".

 

 

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