L'imprenditore stupratore voleva infangare la sua vittima: "Cerca di estorcermi denaro"

La linea difensiva di Antonio Di Fazio: il finto ricatto da 500mila euro, le "reticenze" dei familiari e le pressioni sul figlio. Indagini su altri quattro casi

Antonio Di Fazio in una delle foto postate sui profili social

Antonio Di Fazio in una delle foto postate sui profili social

MILANO - La strategia difensiva di Antonio Di Fazio è iniziata il giorno dopo la perquisizione dei carabinieri del 5 aprile scorso. Da quel momento, l’imprenditore farmaceutico, arrestato con l’accusa di aver narcotizzato con una dose monstre di benzodiazepine e violentato una studentessa di 21 anni, ha cercato, come sottolinea il gip Chiara Valori nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, "di produrre una ricostruzione alternativa della serata del 26 e della notte del 27 marzo". Insomma, ha tentato di "rovesciare il tavolo". Ecco la strategia, ricostruita dai militari del Nucleo operativo della Compagnia Monforte guidati dal capitano Silvio Maria Ponzio, coadiuvati nell’inchiesta dai colleghi del Nucleo investigativo, coordinati dal colonnello Michele Miulli e dal tenente colonnello Antonio Coppola.

Al telefono con la fidanzata, Di Fazio accredita la teoria dell’estorsione: afferma in sostanza che Silvia (nome di fantasia) lo avrebbe attirato in un tranello per costringerlo a pagare 500mila euro, soldi che lui si era rifiutato di dare a lei e ai genitori nonostante le ripetute sollecitazioni. Una tesi sostenuta con gli investigatori pure dalla sorella, medico in un ospedale di San Marino: la donna, la cui condotta è stata definita "equivoca e reticente" dal giudice, ribadisce la storia dei "grossi problemi economici" della famiglia della ventunenne; sostiene di essere stata a sua volta destinataria delle richieste di denaro; dice che la mamma e il nipote minorenne erano presenti in casa la sera della presunta aggressione (e in effetti erano lì, anche se non si sarebbero accorti di nulla); e giustifica la presenza in casa del Bromazepam, prescritto alla madre all’inizio del 2018.

Nella trama di Di Fazio finisce addirittura il figlio, pressato perché menta alle forze dell’ordine: "Mi dici per favore cosa gli hai detto?", lo incalza al telefono. Il 24 aprile, poi, l’imprenditore si presenta alla stazione Musocco per denunciare per calunnia la studentessa: afferma di essere al corrente da tempo delle difficoltà finanziarie della famiglia della vittima e parla di una fantomatica indagine da "41bis con sequestro di tutti i beni" che avrebbe messo sul lastrico i genitori di lei. Una ricostruzione lontanissima dalla realtà, accerteranno poi gli inquirenti: un’indagine c’è stata, anni fa, ma per reati tributari e non certo per legami con la criminalità organizzata.

E in ogni caso le parole del cinquantenne vengono contraddette da riscontri oggettivi: gli orari che lui cita non corrispondono a quelli registrati dallo smart-watch della ragazza; non risultano richieste di denaro né da parte della vittima né da parte di persone a lei vicine. Risulta, invece, la telefonata ricevuta dal fidanzato di Silvia il giorno dopo la denuncia in caserma: "Ti squarcio in due", si sarebbe sentito dire il ragazzo da una persona "in dialetto meridionale (forse calabrese)".

Risulta la presenza delle foto di parti intime nel telefono di Di Fazio: "Immagini – annota il gip – che nessuna spiegazione alternativa possono avere se non quella di documentare il 'trofeo' conquistato, che va ad aggiungersi a quelli precedenti". Già, perché nella gallery c’erano 54 scatti (effettuati da ottobre 2020 in avanti) di altre quattro ragazze ancora sconosciute: ora l’obiettivo dei militari della Monforte è quello di identificarle.

Domani, intanto, Di Fazio, difeso dall’avvocato Rocco Romellano, sarà interrogato. Per il gip c’era il pericolo che potesse scappare all’estero: "Questo casino qua finisce quando Antonello molla sto c. di paese... vende tutte le aziende... e andiamo a stare in un paese dove... cioè la legge è uguale per tutti!", la frase alla fidanzata.

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