Curare la depressione con un antinfiammatorio: lo studio del San Raffaele

La ricerca ha evidenziato che la somministrazione di piccole dosi interleuchina 2 hanno un effetto antidepressivo proporzionale alla loro capacità di riattivazione del sistema immunitario

L'ospedale San Raffaele di Milano

L'ospedale San Raffaele di Milano

Milano, 26 febbraio 2024 – Depressione e disturbi bipolari sono fenomeni in aumento, specialmente in una città come Milano. La medicina cerca di trovare la soluzione a malattie di questo tipo, nonostante la sfida sia difficile: l’ultimo studio in merito a depressione e bipolarismo è stato pubblicato sulla rivista scientifica Brain Behavior and Immunity e dimostra per la prima volta la sicurezza ed efficacia della somministrazione di Interleuchina 2 a basso dosaggio in pazienti depressi con disturbo depressivo maggiore e bipolare.

Lo studio dell’Università e Ospedale San Raffaele

La ricerca è stata condotta dal professor Francesco Benedetti, responsabile dell'unità di ricerca in psichiatria e psicobiologia clinica e professore di psichiatria all'Università Vita -Salute San Raffaele e dalla dottoressa Sara Poletti, ricercatrice dell'unità di psichiatria e psicobiologia clinica dell'IRCCS Ospedale San Raffaele - Turro.

Lo studio è partito dalla consapevolezza che ultimamente si siano raggiunti enormi miglioramenti nella psicofarmacologia antidepressiva basata su farmaci che agiscono direttamente sulla funzione dei neurotrasmettitori, ma che questo non basti. Un terzo dei pazienti con disturbo depressivo maggiore non raggiunge una remissione sintomatica completa e nei soggetti con trattamento iniziale inefficace si osservano molte ricadute tanto da rendere la depressione resistente al trattamento. Gli esiti sono ancora peggiori nel disturbo bipolare, associato a tassi di successo estremamente bassi dei farmaci antidepressivi.

L’attivazione infiammatoria associata a episodi depressivi

Studi precedenti avevano già dimostrato che un’attivazione infiammatoria sistemica precede e si associa alla comparsa di episodi depressivi nel corso del disturbo depressivo maggiore o del disturbo bipolare, in quanto portano ad un aumento della produzione di citochine, le molecole proteiche prodotte in risposta a uno stimolo.

Inoltre si ha notato un’alterazione dell'espressione genica nelle cellule circolanti e nell’attivazione della microglia cerebrale, le cui cellule sono responsabili della “sorveglianza immunitaria” del sistema nervoso centrale, costituendo la prima linea di difesa contro organismi patogeni.

L’azione dell’interleuchina 2

L'interleuchina 2 è una molecola, normalmente presente nell'organismo in grado di influenzare l'attività dei linfociti T, stimolando la produzione di nuove cellule e le loro funzioni regolatorie sull'immunità e sull'infiammazione. Questo fattore di crescita delle cellule T ha dimostrato un'efficacia anti-infiammatoria in altre patologie autoimmuni ed ègià in uso sul mercato.

Lo studio appena pubblicato ha valutato la sicurezza, efficacia e le risposte biologiche di Interleuchina 2 a basso dosaggio in pazienti depressi con disturbo depressivo maggiore o disturbo bipolare: l’interleuchina 2 è stata somministrata a 36 pazienti selezionati, associata alle tradizionali terapie antidepressive che i pazienti stavano assumendo.

Il risultati ottenuti nei primi cinque giorni di trattamento hanno predetto il successivo miglioramento della gravità della depressione, senza effetti collaterali di rilievo. Proporzionalmente alla stimolazione dei linfociti T, i partecipanti allo studio hanno mostrato un potenziamento della risposta antidepressiva, anche quando affetti da forme di depressione resistente ai trattamenti tradizionali.

La correzione degli squilibri infiammatori e regolatori

Lo studio ha quindi confermato che i meccanismi immuno-infiammatori rappresentano obiettivi promettenti per la farmacologia antidepressiva, e che la correzione degli squilibri tra le componenti infiammatorie e regolatorie del nostro sistema immunitario può costituire una nuova strategia terapeutica per la depressione resistente.

“La ricerca prosegue, e pensiamo che in un futuro saremo in grado di identificare già all'inizio della malattia le persone che, anziché dover sopportare la depressione per molti mesi senza benefici dalle cure disponibili, potranno essere curate – e guarire – fin da subito agendo sul sistema immunitario", conclude il professor Benedetti.