FRANCESCA GRILLO
Cronaca

Cesano Boscone, delitto in strada ma nessuno parla

Nel quartiere Giardino, popolato di domenica, non si sono fatti avanti testimoni per aiutare nelle indagini

Per il primo cittadino Simone Negri "rimane un’immensa tristezza e dolore"

CESANO BOSCONE È ancora scosso il quartiere Giardino dopo l’omicidio di domenica, avvenuto in pieno giorno tra i palazzi di via Tigli. Con una coltellata dritta alla gola, il 56enne tunisino Abdellaoui Mongi ha ucciso Luigi Danesi, 36enne di Milano, pregiudicato per droga e rapine. Lo ha sorpreso che litigava con la moglie, attuale compagna del tunisino, e lo ha ucciso con un fendente alla gola. È andato a prendere un coltello che aveva sotterrato lì vicino, usato per difendersi dalle presunte aggressioni che ha raccontato di subire facendo lo spacciatore, e lo ha colpito. Mongi , 26 anni complessivi di carcere scontati per droga, aggressioni e rapine, è poi scappato. Si è presentato dai carabinieri che gli davano la caccia dopo sette ore di fuga. Ha raccontato di aver ucciso per difendere la madre di suo figlio, ma la versione è al vaglio dei carabinieri di Corsico del tenente colonnello Domenico La Padula e del tenente Armando Laviola. Ad aiutare le indagini servirebbero le testimonianze, ma nessuno nei palazzi popolari sembra aver visto nulla. Un quartiere popolatissimo, vivo, che si sviluppa di fronte alla chiesa di San Giustino. Un territorio dove la gente perbene chiede riscatto strappando un’etichetta ingiusta di zona di spaccio, anche per la vicinanza con il quartiere Lavagna di Corsico, teatro di importanti operazioni antidroga dei carabinieri che hanno messo fine proprio a traffici e piazze popolate anche da giovani messi sulla strada. Un quartiere che merita attenzione, dove gli inquilini che hanno voglia di cambiamento organizzano iniziative di condivisione e aggregazione. Parla di «trauma» per la città il sindaco Simone Negri, chiedendosi se qualcuno possa aver visto qualcosa, soprattutto bambini che popolano i palazzi del Giardino. "La giustizia farà il suo corso – commenta Negri –, rimane comunque un’immensa tristezza e dolore. Mi ha colpito che la vittima si facesse chiamare “il camorrista“, quasi per attestarsi uno status criminale. È un problema sociale che tanti ragazzi, anche sotto il condizionamento di serie tv, vedano nella criminalità un esempio di riscatto. Poi, di reale, ci sono solo la violenza e le tragedie che ne scaturiscono".