Davide Flachi e il clan della Comasina: il romanzo criminale milanese

Chi è il figlio del boss arrestato insieme alla "testa di legno" Franco Terlizzi

Guardia di Finanza

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"E' già tanto che entri ancora in Comasina ad abitare, ti piglio la testa e ti faccio volare", urla Davide Flachi minacciando Davide Volpe, uno dei fermati. Poi partono pugni e schiaffi, per un debito di droga di 14mila euro. La caratura di Davide Flachi soprannominato "il gigante", finito in carcere, emerge anche dalle frasi intercettate dalla Guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano che ha azzerato la sua cosca con 13 fermi, tra cui quello dell'ex pugile professionista ed ex concorrente dell'Isola dei Famosi Franco Terlizzi, considerato una "testa di legno" del clan.

Un "romanzo criminale" milanese fatto di traffici di droga e armi, controllo del territorio, estorsioni, infiltrazioni nell'economia, truffe. Il 4 marzo 2021 Davide Flachi, sempre intercettato, esprimeva la sua soddisfazione per essere riuscito a portare a buon fine l'acquisto di cinque Kalashnikov, fucili d'assalto provenienti dall'area balcanica: "Me le porta un amico slavo, ci porta quello che vogliamo. E' un amico di mio padre". L'amico potrebbe essere il trafficante montenegrino Milutin Tiodorovic, ex militare che ha rapporti consolidati con la famiglia Flachi. Il padre di Davide Flachi ha un nome di peso nella storia della mala milanese. Giuseppe "Pepè" Flachi, storico esponente della 'ndrangheta, soprannominato il boss della Comasina, è morto lo scorso gennaio all'età di 71 anni. Era considerato l’erede di Renato Vallanzasca, di cui era stato amico. Oltre che super alleato di Franco Coco Trovato, capo indiscusso della ‘ndrangheta a Lecco. Nato a Reggio Calabria, si trasferì a Milano negli anni '70. Poi, negli anni ‘80 e ‘90, è stato a capo di una ‘ndrina e punto di contatto dell’alleanza tra ‘ndrangheta e camorra per gestire il narcotraffico. Un patto finito nel 1990. Con conseguente rottura che generò una faida tra gli ex alleati culminata con una scia di sangue di almeno 11 morti, tra cui i fratelli Batti e Roberto Cutolo, figlio del boss della camorra Raffaele. Sotto il fuoco dei regolamenti di conti caddero anche passanti innocenti. Negli anni della sua carcerazione Pepè Flachi, ricostruiscono i pm, continuava a dirigere l'organizzazione, anche attraverso i colloqui con il figlio, al quale avrebbe affidato "precisi compiti (...) quale collettore con gli esponenti degli altri gruppi criminali".

Da allora avrebbe cominciato a "prendere forma la figura criminale" di Davide Flachi, nato a Milano 43 anni fa, che stava scalando le gerarchie. "Il gigante è messo bene ha delle belle amicizie... è uno che si fa valere", affermava Antonino Chirico, uno dei fermati, in una conversazione intercettata dalla Gdf. "Già ai tempi lo avevano arrestato perché era con suo padre, gli hanno dato l'associazione perché prendevano le tangenti in tutta Milano. Lui piccolino (di statura) però picchia di brutto (...) e poi essendo il figlio di eh, la gente aveva paura". Sintomatica della posizione di vertice di Davide Flachi è anche una conversazione del novembre 2020 in cui sempre Chirico afferma: "Prima lo rispettavano per il padre, ora per lui stesso".

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