
La ministra del Turismo Daniela Santanchè a processo a Milano per truffa aggravata ai danni dell'Inps
Milano – Resta truffa aggravata ai danni dell'Inps il reato contestato nel processo che vede la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, sul banco degli imputati per un presunto uso improprio della cassa integrazione durante l'emergenza Covid da parte del gruppo Visibilia. Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Milano Tiziana Gueli respingendo le due questioni processuali presentate dalla difesa. Secondo “no”, dunque, dopo l’istanza respinta di trasferire il processo a Roma.
L’udienza
Il procedimento in fase di udienza preliminare prosegue con l'interrogatorio di Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore di Visibilia addetto alla tesoreria del gruppo e imputato insieme alla Santanché e al suo compagno Dimitri Kunz d'Asburgo Lorena. L'udienza si è aperta con l'intervento degli avvocato Nicolò Pelanda e Salvatore Pino, difensori della senatrice di Fdi, che hanno sollevato una questione di qualificazione del reato, sostenendo - in base a una sentenza della Cassazione del novembre 2024 - che in questo caso non si tratta di truffa aggravata, ma di percezione indebita. Da qui la richiesta dei legali di "riqualificare correttamente il reato contestato" che però è stata rigettata dal giudice.

Il respingimento
No anche all'eccezione presentata dalla difesa Concordia sulla "corretta veste giuridica" dei dipendenti di Visibilia che furono ascoltati come testimoni durante la fase di indagini preliminari ma che, secondo il legale, andavano sentiti in presenza di un avvocato: anche in questo caso la questione è stata respinta dal giudice.
La ricostruzione degli inquirenti
Secondo la Procura di Milano, 13 dipendenti di Visibilia (gruppo fondato da Santanchè e da lei amministrato fino al dicembre 2021) sarebbero stati messi in cassa integrazione senza esserne a conoscenza tra il maggio 2020 e il febbraio 2022, nonostante continuassero a svolgere le proprie mansioni, provocando così un danno quantificato dai magistrati in oltre 126 mila euro all'Inps che si era costutita parte civile ma che è uscita dal processo dopo aver ottenuto un risarcimento economico.