Daniel, morto impiccato in cella: disposta l'autopsia. Gli amici: "Diteci la verità"

Il 20enne di Rho è morto il 18 gennaio scorso a Grasse, in Francia. La famiglia non ha mai creduto all'ipotesi del suicidio. E spunta una telefonata anonima dal carcere alla madre: indagate

Branka Milencovic insieme al figlio Daniel Radosavljevic deceduto in circostanze sospette

Branka Milencovic insieme al figlio Daniel Radosavljevic deceduto in circostanze sospette

Rho (Milano) - L'autopsia a Milano mercoledì 8 febbraio. I funerali religiosi a Rho, probabilmente sabato 11, nella città dove Daniel Radosavljevic, 20 anni, è nato e cresciuto. In attesa di giustizia, perché la famiglia non ha mai creduto all'ipotesi del suicidio per impiccagione e ci sono tanti indizi, oltre alle lettere di Daniel che vanno nella stessa direzione.

L'arresto a Cannes

Il ragazzo è stato trovato impiccato lo scorso 18 gennaio nella cella del carcere di Grasse, in Francia, dove si trovava in custodia cautelare dopo l'arresto dell'8 ottobre 2022. Daniel con piccoli precedenti per reati contro il patrimonio quando era minorenne, quel giorno a Cannes non si era fermato all'alt imposto ad un posto di blocco, aveva speronato le auto della Gendarmeria su un pick-up. Fermato dopo un inseguimento, accusato dall'Autorità Giudiziaria francese di inottemperanza all'ordine di fermo e tentato di un pubblico ufficiale, era stato portato nel carcere di Grasse.

Le tre telefonate

In questi mesi di detenzione aveva sentito la famiglia telefonicamente. Il 15 gennaio l'ultima telefonata alla mamma Branka Milenkovic. Tre giorni dopo, il 18 gennaio, una nuova telefonata dal carcere, ma questa volta è la direzione: Daniel si è impiccato in cella durante il regime di isolamento. E poi un'altra telefonata da parte di qualcuno che è in quel carcere e che invita la famiglia ad indagare sulla morte e a non credere al suicidio.

I biglietti di Daniel

Anche nei manoscritti del 20enne consegnati alla mamma insieme agli altri effetti personali emerge chiaramente che Daniel aveva paura di morire, che si sentiva in pericolo perché accusato di essere un'infame. Anche i segni sulla salma di Daniel non sono, tutti, riconducibili all'impiccagione. "Lo hanno picchiato", racconta la mamma. Tra i biglietti ce ne uno per la mamma, la sorella Iris e il fratellino, con il quale chiede scusa alla famiglia e fa una richiesta, "aiutare i ragazzi a trovare la loro passione".

Gli amici: "Vogliamo giustizia"

Intanto a chiedere giustizia ci sono anche gli amici di Daniel, "stiamo facendo l'impossibile, avrai giustizia te lo prometto, ti prego, veglia su di noi, ci manchi molto e nulla potrà rincuorarci", che hanno pubblicato un appello sui social e annunciano altre iniziative per non dimenticarlo, probabilmente un murale, e una colletta per aiutare la famiglia a sostenere le spese legali che dovranno affrontare per fare chiarezza sulla morte. Daniel Radosavljevic, era appassionato di calcio, per anni aveva giocato nella Victor squadra dell'oratorio San Carlo di Rho al quale era rimasto legato.  

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