REDAZIONE MILANO

Arresto Rocco Morabito: dai night di piazza Diaz alle spiagge brasiliane

Negli anni ’90 era il re della cocaina a Milano. Tra doppiopetto e valigette piene di miliardi

Rocco Morabito

Dai night di piazza Diaz ai locali di Joao Pessoa. E quell’irrinunciabile passione per la bella vita che ha marchiato prima la sua carriera da broker della coca trapiantato al Nord e poi il lungo periodo di latitanza inframezzato dai due anni in carcere in Uruguay. È finita l’altra sera la fuga di Rocco Morabito, secondo solo al boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro nella lista dei ricercati più pericolosi. ’U Tamunga, soprannome mutuato dalla marca di un fuoristrada tedesco, girava tranquillo tra le spiagge brasiliane e i ristoranti più rinomati della capitale del Paraíba, forse convinto che nessuno l’avrebbe scovato.

E in effetti il cinquantaquattrenne nativo di Africo si è stupito quando si è ritrovato davanti i carabinieri del Ros e dei Comandi provinciali di Reggio Calabria e Torino, che lo hanno arrestato insieme a un’altra primula rossa eccellente, il trentacinquenne Vincenzo Pasquino. Sparito da Milano nel 1994, Morabito era stato già catturato il 2 settembre 2017 in una stanza d’albergo a Punta del Este: con sé aveva dodici carte di credito, assegni, tredici telefonini, una Mercedes e decine di fototessere con il suo volto. In manette era finita pure la storica compagna angolana Paula Maria De Olivera Correia, che gli è sempre rimasta accanto nei 23 anni di latitanza dorata. Finita? No, perché meno di due anni dopo, il 24 giugno 2019, Morabito era evaso alla vigilia dell’estradizione scavando un tunnel che dalla terrazza del carcere Central di Montevideo lo aveva catapultato nell’abitazione della pensionata Elida Ituarte: "Signora, mi dia le chiavi per uscire", le aveva detto alzando leggermente il tono di voce, spacciandosi per un idraulico arrivato nel palazzo di Calle San José per sistemare una tubatura rotta.

Era ripartita così la caccia al fuggitivo, che in breve tempo era riuscito a raggiungere il Brasile, a differenza dei tre carcerati scappati con lui e ammanettati dopo pochi giorni. Due giorni fa è toccato pure a Morabito, che in Brasile non faceva affatto la vita del latitante, come precisato dal comandante del Raggruppamento operativo speciale dell’Arma Pasquale Angelosanto: "Non se l’aspettava, non aveva notato alcun movimento sospetto che potesse farlo insospettire". Il cinquantaquattrenne, ha aggiunto il procuratore capo di Reggio Calabria, "non ha smesso di fare il suo business, ha continuato a fare il broker internazionale di droga". Cioè il suo mestiere di sempre. Sin dagli anni Novanta, quando all’ombra della Madonnina le consegne di contanti avvenivano in pieno centro. Una volta, il 15 marzo ’94, gli investigatori della Squadra mobile lo fotografarono in piazza San Babila in compagnia del cognato Domenico Mollica: in doppiopetto grigio, stringeva tra le mani una valigetta 24 ore con 2,9 miliardi di lire da consegnare ai fornitori.

Un fiume di denaro per pagare la cocaina in arrivo dal Sudamerica. Era l’operazione Fortaleza, coordinata dal pm Laura Barbaini, che smantellò un maxi traffico di stupefacenti con destinazione Milano portando in carcere 21 persone. Il ventiduesimo avrebbe dovuto essere proprio lui, ’U Tamunga, ma lui riuscì a scappare proprio nel giorno del suo ventottesimo compleanno: il 13 ottobre 1994. Da allora il buio per 23 anni. E poi la nuova fuga. Ora Morabito ritornerà da questa parte dell’Atlantico: deve scontare 28 anni di reclusione.

Nicola Palma