
Frana a Tremosine, lo scorso gennaio, dopo un’ondata di maltempo
BRESCIA – Codice rosso per l’umanità: se riuscissimo a non andare oltre i 2°C di aumento delle temperature, entro fine secolo i mari si alzeranno comunque di mezzo metro. Sempre meglio che il metro di innalzamento previsto qualora superassimo i 2°C di temperatura, ma, di fatto, significa che, a fine secolo, i nuovi migranti saranno gli abitanti delle coste italiane, costretti a spostarsi nell’entroterra. A tracciare il quadro, il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, invitato a Brescia per la presentazione del Piano Aria e Clima con la sindaca Laura Castelletti e l’assessora all’Ambiente Camilla Bianchi.
Siamo in una delle zone peggiori per inquinamento dell’aria. Cosa stiamo sbagliando?
“Non è che Roma sia meno inquinata di Brescia, ma la Capitale ha il ponentino. La Pianura Padana, invece, è circondata di montagne, siamo in questo catino dove i gas tossici restano per settimane, finché il vento non li porta via. Vuol dire che questo territorio ha una responsabilità in più, ma anche una difficoltà in più nel raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea per i limiti della qualità dell’aria. Dopo di che, non stiamo facendo tantissime cose”.
Ad esempio?
“Le risorse del pianeta sono limitate ma noi viviamo con la prospettiva della crescita infinita, Italia compresa. Poi possiamo parlare di soluzioni ingegneristiche, risparmio energetico, economia circolare, ma deve cambiare la visione del futuro”.
L’opinione pubblica, però, rispetto a qualche anno fa, sembra più fredda sui temi dell’ambiente. Dagli Stati Uniti con Trump al rallentamento sul Green deal, fino alle perplessità anche più locali quando si parla di sostenibilità. Teme un arretramento rispetto alla transizione ecologica?
“Siamo tornati indietro di 30 anni. Ed è deleterio. Non mi aspetto che si interrompa del tutto il percorso verso la sostenibilità, forse portato avanti più dalla Cina che dagli Stati Uniti. Trump sta già togliendo fondi e funzionari ai grandi istituti di ricerca, l’Europa non lo ha ancora fatto, ma temo che gli investimenti in armi toglieranno spazio al green. Non ci fermeremo, ma rallenteremo in un momento in cui dovremmo, invece, accelerare. Manca il sostegno della società, perché le persone vedono la transizione ecologica come un impiccio per la loro vita. I costi economico-sociali della transizione rischiano, però, di essere molto alti. Tra il 2023 ed il 2024 abbiamo avuto quattro alluvioni in un anno e mezzo. In Emilia Romagna ci sono persone che quattro volte si sono trovate senza casa in poco tempo. Bisogna considerare anche questi costi, e le vite umane perse per eventi estremi ed ondate di calore, i martiri del clima”.
Tra gli scettici c’è chi dice che l’Europa, in fondo, pesa solo un 7-8% per le emissioni climalteranti, per cui la transizione ecologica potrebbe costare molto ma risolvere poco. Che ne pensa?
“È una stupidaggine. In un mondo globalizzato, giusto una piccola isoletta del Pacifico può dire di non aver preso parte all’industrializzazione moderna. Pesiamo il 7-8% delle emissioni dirette, ma siamo una società opulenta, che compra oggetti lavorati ovunque, per cui non possiamo dire che il nostro peso è marginale. E poi ci dimentichiamo che le emissioni climalteranti sono di lunga durata, le Co2 emesse restano in atmosfera per secoli. Dal ‘700 e che per più di due secoli le uniche emissioni venivano da Inghilterra, Germania, Francia, un po’ gli Stati Uniti. Non possiamo chiamarci fuori”.