
Una delle manifestazioni delle partite Iva
Milano, 27 gennaio 2021 - Quasi 1,9 miliardi di euro. Il conto della cura economica destinata alla Lombardia da inizio pandemia arriva dall’Agenzia delle Entrate. La somma degli aiuti a fondo perduto erogati col Decreto Rilancio e con i successivi Decreti Ristori, se divisa per i potenziali beneficiari della regione, si riduce a una media di 3.500 euro. Un cifra "irrisoria" denunciano imprese e artigiani. In Lombardia, dopo l’ultima tranche prevista dal Decreto Natale, sono stati inviati 501.858 pagamenti - 345.022 col Decreto Rilancio del primo lockdown e 156.836 coi vari Decreti Ristori - per un importo complessivo di 1,8 miliardi: 1,2 dal Decreto Rilancio e 657 milioni dai Decreti Ristori.
I contributi e i ristori che l’Agenzia delle Entrate ha erogato dall’inizio della pandemia superano a livello nazionale i 10 miliardi. Da saldare restano ancora i pagamenti per i centri storici delle città turistiche italiane (35mila per circa 87 milioni) per cui si poteva presentare domanda fino al 15 gennaio. Per il resto il bilancio è pressoché definitivo."Avevamo due strade da poter intraprendere – dichiara Carlo Massoletti, vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia –. La Spagna ha scelto la convivenza con il virus: contenere i contagi consentendo ai ristoranti, ad esempio, di lavorare. Oppure seguire la Germania: chiusure rigorose accompagnate da sostegni economici significativi per consentire alle imprese di sopravvivere.
L’Italia non ha scelto né una via, né l’altra e molte imprese stanno pagando il prezzo: molte stanno chiudendo, ogni giorno aumenta il numero e lo si vede nelle città. Le nostre stime di qualche mese fa parlavano di difficoltà significati per il 20-30% delle attività: molte di queste hanno dovuto chiudere". A soffrire è soprattutto la moda tra le 16mila aziende di commercio al dettaglio e i 45mila pubblici esercizi lombardi. "Solo a gennaio per le chiusure sono stati persi 1,2 miliardi di fatturato – calcola Massoletti –. Nel primo lockdown 12 miliardi. E, se va bene, un’impresa ha recuperato 8mila euro con i ristori: non bastano neppure a pagare le bollette dell’energia". "Gli importi sono irrisori – aggiunge Marco Barbieri, segretario generale di ConfcommercioMilano –. Mesi di chiusura non possono essere compensati con 2mila euro a ristoro. Invece di erogare indennizzi sarebbe più utile non chiedere soldi alle imprese: non chiedere tasse". Confcommercio Lombardia invoca "il ritorno in zona gialla, se i numeri lo consentono come sembra dalle ultime indicazioni dell’indice Rt (il valore che calcola il contagio, ndr). Questo consentirebbe alle 45mila imprese della ristorazione di riprendere l’attività: seppure ancora con la difficoltà dell’orario ridotto. Si tratta di un passaggio fondamentale perché impedire le attività di somministrazione a bar e ristoranti rappresenta un costo che le imprese non possono più sostenere: non si può sopravvivere di solo asporto e delivery”".
Eugenio Massetti , presidente Confartigianato Lombardia spiega che "per comprendere la gravità della situazione, bastano pochi numeri: in Lombardia, secondo l’Istat, il 29,1% delle imprese dichiara che la loro attività è stata messa a serio rischio di sopravvivenza dagli effetti della pandemia; parliamo di oltre 200mila imprese che rischiano di chiudere nei prossimi mesi. A fine dicembre 400mila imprese, il 53% del manifatturiero esteso e dei servizi, dichiaravano di operare a regime ridotto rispetto alla situazione pre-emergenza o addirittura di aver sospeso l’attività: crediamo occorra uno sforzo ulteriore - finanza pubblica permettendo - affinché gli indennizzi siano realmente adeguati a compensare le perdite subite dalle imprese, come già avviene in altri Paesi Europei tra cui Francia e Germania".