PIERO LOTITO
Cronaca

La cotoletta alla milanese in tavola dal Medioevo

Lo prova un menu del 1148: il tipico piatto precede di secoli la Schnitzel di Vienna

Cotoletta alla milanese

Milano, 22 aprile 2018 - I quattro amici più famosi del cinema italiano stanno giocando a poker nel bar del Necchi, quando, a una forte puntata del Perozzi, il conte Mascetti risponde: «Piatto ricco, mi ci ficco!» Una battuta, questa di “Amici miei”, presa a prestito dal vocabolario popolare della nostra gastronomia, dove per «piatto ricco» s’intende una pietanza forte e gustosa. Come una cotoletta, per esempio. Una cotoletta alla milanese che sa promettere sazietà e soddisfazione. Eppure, un filo di corrosivo aceto corre su questo vanto della cucina meneghina. È l’infinito dibattito sulla sua origine, che vede schierati due partiti: l’uno che vuole la ricetta importata da Josef Radetzky; l’altro che, ritenendo il generale un buongustaio, a lui attribuisce invece la pensata di portarla in patria. La pietanza si sarebbe poi materializzata a Vienna col nome di Wiener schnitzel, una cotoletta simile alla milanese e ugualmente gustosa che nella capitale austriaca viene servita nei grandi ristoranti come nei bugigattoli più alla mano. Con il turismo di massa, la viennese è divenuta essa stessa simbolo della città e richiamo di grande popolarità, quasi alla pari, chessò, del Castello di Schönbrunn o della Cripta dei Cappuccini: una meta, un qualcosa cui mirare e, qui, da addentare. A Milano, la cotoletta segue un’altra strada. Non si può dire che sia un simbolo della città, e forse è meno popolare del risotto. Chi la conosce, però, non vi rinuncia. E chi la scopre ne è contento.

Ma torniamo al tema: è nata prima la cotoletta alla milanese o la Wiener schnitzel? Il partito austriaco sostiene che a portare a Milano la ricetta siano state le truppe del generale Radetzky, visto che ai tempi del Lombardo-Veneto gli austriaci già conoscevano una cotoletta, che compare - informa l’autorevole rivista “La Cucina Italiana” - in un “Piccolo libro di cucina austriaca” del 1798. Attenzione: all’epoca si era da poco conclusa la campagna d’Italia di Napoleone, con i francesi entrati a Milano nel 1796. La moda francese era allora ammirata e copiata in tutta Europa, e andavano forte anche certe cotolette parigine, impanate e fritte, già citate in un ricettario del 1796, “La science du maȋtre d’hotel”. La Schnitzel potrebbe dunque essere nata, deduce la rivista, per “simpatia” (come succede alle bombe, che s’innescano per vicinanza) con la cotoletta milanese e la francese insieme. Ma vuoi vedere, si dirà, che anche la milanese ha preso qualcosa dalla francese? Nemmeno per idea: se si parla di antichità, la nostra sbaraglia ogni altra, giacché risale nientemeno che al Medioevo. E qui entra in ballo, inoppugnabile, un menù dei canonici di Sant’Ambrogio del 1148 (anche citato nella nota “Storia di Milano” di Pietro Verri del 1783), oggi conservato nella Biblioteca dell’archivio capitolare della basilica. Inserendosi nelle migliorate condizioni di Milano (il lardo non è più un companatico), il menù dei monaci pretende che nei giorni solenni si mettano in tavola tre portate, la cui ultima («in tertia») consista in questo: «pullos rostidos, lombolos cum panitio, et porcellos plenos».

Ecco dunque, già in antico, la nostra cotoletta: «lombolos cum panitio», lombata di vitello impanata. Sul modo migliore di impanare si dilunga in un manoscritto del 1492 perfino il famoso cuoco Martino da Como, ricordando come «con esso pane mescola tanto sale sopra lo arrosto in modo che ne vada in ogni loco». Insomma, non c’è dubbio: la cotoletta alla milanese è proprio milanese. E si ricava esclusivamente dalla costoletta di vitello ottenuta dalla lombata: con l’osso, e spessa quanto quest’ultimo (niente sottili “orecchie d’elefante”, che sono altra cosa e, esse sì, somiglianti alla viennese, e niente farina prima dell’impanatura e della cottura nel burro). La viennese, che è senz’osso e può essere di bovino o di maiale, viene infarinata prima dell’impanatura e fritta anch’essa nel burro (un tempo, nello strutto). Chi ben conosce entrambe è il biografo Mario Erschen, che a Milano – prima come console per gli affari culturali, poi come fondatore e direttore dell’Istituto austriaco di cultura – ha vissuto 15 anni prima di rientrare a Vienna con la moglie Roswitha: «A noi piace molto di più la milanese. A Vienna, nei posti giusti, servono comunque un’ottima Schnitzel di vitello. Ma non è raro trovarla di maiale o perfino di pollo: una tristezza. E triste, alle volte, è vederla accompagnata nei locali di massa non dal vino o dalla birra, ma dalla… Coca Cola!». Anche a Milano, va detto, certi turisti bestemmiano così.