
Due bambine nello Spazio Donna di via Romilli. Sotto, Sabrina Vincenti
Milano, 6 dicembre 2024 – “Spalanchiamo le porte di un luogo accogliente, arredato come una casa, dove le donne e i loro bambini trovano ascolto e sostegno. Corvetto deve ripartire da qui: dando valore alle donne e soprattutto rendendole consapevoli del loro valore”. Lo dice Sabrina Vincenti, coordinatrice degli Spazi Donna della fondazione WeWorld, organizzazione non governativa attiva in diversi Paesi e in più città d’Italia. A Milano, al Corvetto e al Giambellino. Da tre anni, lo spazio di via Arcivescovo Romilli 4 accoglie le donne del quartiere offrendo loro gratuitamente percorsi di supporto, formazione ed “empowerment”, che mira a incrementare la stima di sé. “Migliorare le condizioni sociali femminili significa aumentare il benessere in ambito famigliare e di conseguenza per tutto il quartiere”, aggiunge Vincenti. Perché alla base della società c’è la famiglia.
I numeri
Ogni anno sono un centinaio i nuovi accessi. “Quest’anno, 96 per la precisione”. Dalle prime richieste di sostegno, a poco a poco si passa alla costruzione di fiducia. “E affiorano casi di violenza. Soprattutto psicologica o economica: quest’anno, su 96 donne, in 25 hanno vissuto situazioni di violenza in casa. Emerse non subito, anche perché inizialmente le donne non ne sono neppure consapevoli”. Una condizione che riguarda una donna su quattro, tra le frequentatrici del centro. “È violenza se il marito induce la moglie a lasciare il suo lavoro oppure a restare a casa. Impedendole anche di coltivare amicizie oppure di avere dei soldi propri”. Se i professionisti che si rapportano con le signore – psicologhe, assistenti sociali, educatrici e non solo – individuano “un rischio medio o alto, la donna viene inviata ai centri antiviolenza. Noi non ci sostituiamo a questi servizi, anzi”.

Corsi per integrare
Chi frequenta lo spazio? “Donne straniere, in maggioranza; le italiane sono il 20%. E le problematiche individuate toccano tutte, indipendentemente dalle origini”. Coloro che chiedono aiuto (“e il nostro – sottolinea Vincenti – non è un mero sportello ma un luogo in cui si trova accoglienza e ascolto in un clima familiare”), generalmente lo fanno per questi motivi: “Orientamento al lavoro, sostegno legale o per il mancato mantenimento dopo eventuali separazioni dal marito o perché non hanno percepito lo stipendio. Qualcuna chiede anche supporto legale per i figli che magari hanno guai con la giustizia per piccoli crimini”. Oltre a questi servizi, “via Romilli offre uno spazio di socialità e di condivisione, in cui si partecipa pure a corsi formativi: quello di italiano, base e intermedio, di digitalizzazione e quello per acquisire competenze finanziarie”.
"Creiamo inclusione, non esclusione”
In via Romilli c’è anche uno spazio-gioco per i bambini, “sia per dare respiro alle mamme mentre hanno un colloquio o seguono un corso e sia perché rappresenta un osservatorio privilegiato per contrastare la povertà culturale ed educativa. In estate abbiamo organizzato attività per mamme e bambini, portandoli ad esempio al cinema o a lezione di equitazione”. Interviene Andrea Comollo, responsabile della comunicazione e dei programmi in Italia: “Per chi rimane in città d’estate, e questo lo vediamo sia al Corvetto e sia al Giambellino e alla Barona, dove siamo attivi con gli adolescenti, non c’è nulla che non sia a pagamento. Questo esclude, crea fratture”. Il malcontento, che a lungo andare porta alla ribellione (com’è successo al Corvetto dopo la morte di Ramy). Comollo approfondisce il fenomeno: “Vediamo un processo d’espulsione e un aumento delle diseguaglianze sociali perché la pressione della città è enorme: aumentano i costi della casa, della vita. Si va incontro a un processo di gentrificazione da cui il Corvetto non è escluso. Espellere i più poveri impoverisce la città”.