REDAZIONE MILANO

Duecento persone per l’addio. Il padre: "Mai visto tanto calore". Nei discorsi i messaggi anti odio

L’imam: "I nostri ragazzi sono nati e cresciuti in Italia, abbiano i diritti degli altri"

Il dolore della madre di Ramy Elgaml, seppellito al Cimitero di Bruzzano

Il dolore della madre di Ramy Elgaml, seppellito al Cimitero di Bruzzano

Gli amici lanciano uno dopo l’altro mucchietti di terra sopra la bara di Ramy Elgaml, morto a 19 anni – ne avrebbe compiuti 20 il 17 dicembre – dopo la caduta dal TMax sul quale viaggiava come passeggero, durante un inseguimento dei carabinieri per un alt non rispettato. Era l’alba del 24 novembre. Ieri, a distanza di 10 giorni, c’è stato l’ultimo saluto al ragazzo nato al Cairo ma a Milano da 11 anni insieme alla madre, al padre e al fratello. Una cerimonia che ha richiamato al cimitero di Bruzzano più di 200 persone. Dolore composto, lacrime, abbracci. "Non ho mai visto una cerimonia vissuta con così tanto calore", dice il padre Yehia Elgaml alla fine della funzione. Ad aprirla è Mahmoud Asfa, presidente della Casa della cultura musulmana di via Padova, celebrante insieme all’imam di San Donato, Mohamed Sedky. "Siamo in un cimitero, dobbiamo essere calmi, andiamo al funerale del nostro carissimo fratello Ramy, dobbiamo dare un’immagine realista, importante e straordinaria della nostra comunità, rispettando tutte le norme di questo Paese". Un modo per prendere, ancora, le distanze dalle proteste che hanno infiammato il quartiere Corvetto nei giorni immediatamente successivi alla morte del ragazzo. Gli animi già si erano calmati dopo i ripetuti appelli della famiglia Elgaml ad abbassare i toni. Poi la processione silenziosa fino al campo riservato alle sepolture dei musulmani. Tutti attorno alla bara, coperta da un drappo verde con scritte dorate: davanti la fila di uomini, con al centro il padre di Ramy e il fratello maggiore del ragazzo, Tarek, di 24 anni. Tra le donne, la madre Farida, straziata dal dolore, circondata dalle amiche. Tra i politici, presenti il deputato del gruppo misto, Aboubakar Soumahoro, il capogruppo Pd in Regione Pierfrancesco Majorino e la consigliera Pd Carmela Rozza.

Nel suo discorso, Mahmoud Asfa auspica che "la morte del nostro carissimo Ramy sia un punto di partenza, da cui migliorare la nostra presenza come comunità musulmana". E lancia un appello alle istituzioni: "Diano più attenzione ai nostri giovani, sono giovani di questo Paese, sono figli di questa società. Devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri loro coetanei, perché sono italiani come loro". Il riferimento, chiarito a margine, è alla legge sulla cittadinanza, che "va cambiata, perché complica la vita di questi ragazzi nati e cresciuti qui, non li fa sentire appartenenti alla società". Critica Silvia Sardone, eurodeputata e consigliera comunale della Lega, che in una nota scrive: "Credo sia sbagliato inserire nel dibattito sul disagio dei giovani e sui fatti di violenza del Corvetto la questione della cittadinanza. Non penso proprio che i protagonisti degli scontri abbiano a cuore la richiesta di cittadinanza tramite ius soli e ius scholae". Quanto all’incidente fatale per Ramy, Asfa invita tutti "a stare tranquilli e non creare provocazioni, o peggio, violenza. Lasciamo che la giustizia prenda la sua strada. Ci sono tutte le indagini per scoprire la verità".

Un messaggio ribadito, a margine, anche dal presidente della comunità egiziana della Lombardia, Aly Harhash: "Noi siamo lontanissimi da quello che è successo nel quartiere Corvetto, abbiamo fiducia nella magistratura e nella legge italiana". Oggi la famiglia di Ramy incontrerà il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ed è in contatto con il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.

M.V.