In corteo per Cospito a Milano 600 anarchici. Indaga la Digos, filmati ai raggi X

Protesta contro il carcere duro: muri imbrattati, ufficio postale danneggiato e tensione con la polizia. La scelta di bloccare il passaggio in corso Genova e Porta Ticinese

Milano - La tensione è evidente già nell’immediata vigilia: un gruppo di ragazzi si raduna in via Vigevano per andare in soccorso di altri a cui sono state appena sequestrate alcune bombolette. Sono quasi le 15 di ieri, siamo a Porta Genova: alcune centinaia di militanti dell’area anarchica e dei sindacati di base, arrivati anche da Torino, Genova, Varese e Trento, si radunano alla spicciolata tra le scale della fermata del metrò e l’ingresso della stazione ferroviaria dietro lo striscione "Contro il 41 bis. Per un mondo senza galere. Libertà per tutti e tutte". Sono tutti lì per Alfredo Cospito, l’ideologo della Fai detenuto nel penitenziario di Sassari e in sciopero della fame da tre mesi contro il regime detentivo più restrittivo a cui è sottoposto.

Molti sono reduci dalla protesta gemella di sabato in piazza Castello a Torino; e in tanti erano in zona Duomo il 29 dicembre, quando in 300 avevano sfilato fino in piazza XXIV Maggio declamando gli stessi slogan. A differenza di quel precedente recentissimo, che era stato preannunciato solo via social, stavolta gli organizzatori hanno inviato nei giorni scorsi una mail anonima in via Fatebenefratelli con un percorso ipotetico, senza però instaurare alcun dialogo su tempi e modalità dell’iniziativa. Alle 16 si parte, con carabinieri, poliziotti e finanzieri schierati in forze in testa e in coda al serpentone e agli incroci più critici.

A duecento metri dal via, in corso Colombo, gli anarchici si fermano e accendono fumogeni nella pancia del corteo: il sospetto è che qualcuno si stia cambiando d’abito per mettere in scena raid a volto coperto, al riparo dalle telecamere della Scientifica; e in effetti non sono pochi quelli che riemergono dalla folla con passamontagna, scaldacollo e caschi integrali. All’imbocco di viale Coni Zugna, il primo e unico contatto con le forze dell’ordine, dopo un blitz contro le vetrine della Coin: dura tutto una manciata di secondi, dalle retrovie vola pure una bottiglia, che si sbriciola contro un muro senza colpire nessuno.

Si riparte verso San Vittore. I manifestanti, tenuti a distanza dal perimetro della casa circondariale, lanciano cori per i detenuti, che ricambiano agitando le braccia dalle finestre con le sbarre che affacciano su piazzale Aquileia. Siamo in viale Papiniano: ormai i partecipanti sono raddoppiati, dai 300 mal contati dei primi minuti ai 600 che marciano compatti verso la Darsena. Altre incursioni sui marciapiedi per lasciare segno del passaggio sui muri dei palazzi. Si diffonde la voce che qualcuno abbia fatto il pieno di sassi per scagliarli contro le divise in assetto antisommossa, ma alla fine le pietre (se c’erano) restano in tasca.

In piazzale Cantore, il percorso prevede la svolta a sinistra in corso Genova e i successivi passaggi in via de Amicis e corso di Porta Ticinese, ma la Questura, considerato l’atteggiamento "fortemente antagonista" del "nucleo più radicale", decide di accorciare sensibilmente il tragitto, così da impedire che il corteo si avvicini ancor di più al centro e soprattutto che attraversi strade piene di esercizi commerciali e di gente che sta trascorrendo la domenica pomeriggio in quella zona.

Quindi, il serpentone gira a destra in corso Colombo e poi a sinistra in viale Gorizia, dove viene preso di mira l’ufficio postale (vetrina danneggiata e telecamera divelta). Le camionette sbarrano la strada che porta ai Navigli e incanalano i 600 verso via Vigevano, con conclusione a Porta Genova. A fine giornata, si contano 25 bombolette, 16 fumogeni, colla, pennelli e volantini finiti sotto sigilli. Ora inizierà il lavoro degli specialisti della Digos, che sulla base dei filmati cercheranno di dare un nome ai vandali pro-Cospito.

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro