
Un tampone
Questo racconto è stato scritto da un collega del Giorno, del quale per motivi di privacy non diamo nome e cognome. Ai primi sintomi da coronavirus, allarmato ha tentato in tutti i modi - a garanzia sua, dei familiari e dei colleghi di lavoro - di farsi fare un tampone per sapere la verità sulle sue condizioni. Pur chiamando tutti i numeri consigliati in caso di sintomi da infezione da coronavirus, in 48 ore non c’è stato modo di ottenere un tampone. Anche se il collega ha spiegato con sincerità ai vari interlocutori sanitari di essere entrato in contatto con altri casi sospetti di infettati e persone in quarantena e auto-isolamento.
Milano, 21 marzo 2020 - «Mi dispiace, ma fino a quando non sei moribondo…". Febbre a 38, tosse e un senso di peso sul petto: di questi tempi ce n’è abbastanza per temere il peggio. Per sé, per i propri cari e per i colleghi, con i quali hai condiviso la redazione. Così anche l’isolamento forzato e il cibo ricevuto attraverso una porta passano in secondo piano; si vorrebbero certezze: sapere se questa storia del Covid-19 ora riguarda da vicino anche me. Peccato che oggi sia un’impresa (quasi) impossibile. Almeno fino a quando le condizioni di salute non risultano già compromesse e la saturazione dell’ossigeno è sotto quota novanta. Per intenderci, quando anche fare pochi passi diventa una salita all’Everest. È la consapevolezza che nasce nel malato dopo aver inutilmente tentato di ottenere un tampone chiamando i numeri di telefono dedicati all’emergenza coronavirus.
Si comincia con il medico di base: "È l’ospedale a fare i tamponi passando attraverso l’Ats – mi spiega Sara (nome di fantasia)". Poi, però, mi avvisa. "Viene fatto solo in presenza di sintomi evidenti e gravi. Non l’hanno fatto neppure a me che sono entrata in contatto con un paziente positivo, perché risulto asintomatica". Non mi arrendo. Lascio perdere il 112 - è riservato alle situazioni più gravi - e provo con il numero verde di Regione Lombardia, l’800894545. Primo tentativo: spiego la mia situazione, che in casa ho due persone anziane e temo per loro come per me: "Mi spiace ma non veniamo a fare i tamponi senza sintomi gravi. Non ne abbiamo abbastanza".
Riattacco, aspetto un po’ e riprovo. La voce è più gentile: "Se peggiora ci richiami, altrimenti non veniamo…". Passo al numero del Centro operativo coronavirus di Ats Città Metropolitana. I centralini sono intasati ma alla fine riesco a mettermi in contatto con un operatore: "Mi spiace ma non è l’Ats a fare i tamponi; tutte le valutazioni sui casi devono passare attraverso il proprio medico di base". Il contrario di quello che mi era stato detto prima. Intuendo come andrà a finire richiamo il medico di famiglia: "Non volevo dirtelo ma fino a quando non sei moribondo il tampone non te lo fanno…". Avevo capito. L’unica alternativa? "Rompersi una gamba. Quando si finisce al pronto soccorso il controllo per il Covid-19 scatta in automatico", risponde sincero il medico.