Covid: "Stessa curva altri Paesi, sappiamo cosa ci aspetterebbe senza interventi decisi"

Galli: "Mi auguro che misure Dpcm funzionino". L'esplosione dei contagi? "Colpa dell'estate sciagurata in cui molti hanno ritenuto di poter fare come se l'infezione non esistesse più"

L'infettivologo Massimo Galli (Dire)

L'infettivologo Massimo Galli (Dire)

Milano, 19 ottobre 2010 - E' stato varato ieri il nuovo Dpcm anti-Covid. Un provvedimento che si è reso necessario per cercare di arginare la crescita del contagio in tutto il Paese. Al primo posto per nuovi casi giornalieri la Lombardia, che ieri ha sfiorato i 3mila nuovi positivi, la metà dei quali in provincia di Milano. Proprio sui presìdi milanesi si sta facendo particolarmente forte la pressione dei nuovi ricoverati. Tanto che il dg di Ats Milano Walter Bergamaschi ha lanciato un appello a tutti i cittadini a seguire le regole, per il bene proprio e dell'intera comunità. Ma le misure del Dpcm varato ieri sono sufficienti? "Me lo auguro, voglio tentare di essere ottimista, sottolineando il fatto che se si guarda alle curve dei Paesi vicini si vede chiaramente che, spostando indietro le loro curve, coinciderebbero esattamente con le nostre, con un paio di settimane di intervallo. Ci mettono di fronte a quello che ci si può aspettare nel prossimo futuro, se non che, senza interventi decisi, le nostre curve possano prendere un andamento più veloce. Mi auguro veramente con tutto il cuore di no, ma che ci sia allarme e che vada considerato con estrema attenzione ormai l`abbiano capito quasi tutti" ha commentato Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano. 

"Difficile decremento per prossima settimana"

Galli ha spiegato di non credere che l'Italia possa arrivare a 30mila casi nel giro di qualche giorno, "però questa settimana sarà difficile vedere un decremento di casi, perché quello che stiamo per vedere è già accaduto dal punto di vista dell`infezione. Sono gli interventi che partono da oggi che ci si augura aiutino ad invertire la tendenza in maniera abbastanza decisiva. Il messaggio è che ci dobbiamo mettere tutti quanti a fare il possibile perché questa cosa avvenga e impegnarci a stare più in casa, avendo meno contatti o limitandoli a quelli strettamente necessari".  

Urgenza posti per la quarantena

La nuova ondata di casi per Galli deve implicare una più razionale organizzazione della gestione dei pazienti, per aiutare gli ospedali a reggere la crescente pressione. "C'è l'assoluta necessità di reperire molto presto ambiti dove poter tenere in quarantena le persone che non possono stare in quarantena a casa. Persone positive che non possono stare a casa ad infettare gli altri in appartamenti piccoli". "Servono anche luoghi - ha aggiunto - dove mettere le persone nel momento negativo dei primi giorni di infezione nel caso in cui non ci sia necessità di ricovero in ospedale, perche' questi saranno rapidamente in sofferenza o lo sono già. Gli ospedali non possono tornare nella situazione di non poter garantire l'assistenza a pieno regime alle altre patologie, che non vanno in sciopero durante le epidemie".

Esplosione contagi? "Colpa dell'estate sciagurata"

Sulle motivazioni che hanno portato a questa improvvisa esplosione dei contagi, dopo i mesi di giugno e luglio segnati da un numero esiguo di casi e un progressivo allentamento della stretta sugli ospedali, Galli ha pochi dubbi: "E' stata l'estate sciagurata in cui molti hanno ritenuto di poter fare come se l'infezione non esistesse più. Le scuole sono state un modesto amplificatore successivo, ma nella globalità della ripresa di tutte le attività".

Differenze con la prima ondata

Rispetto alla precedente ondata però, "Stavolta sappiamo di avere il nemico in casa. A questo punto - ha aggiunto - se non c'è qualche freno dato da qualcuno, non so per quali interessi, dovremmo essere in condizione di gestire meglio la situazione. Però attenzione: nessun sistema sanitario al mondo regge un tracciamento dei contatti quando le infezioni diventano qualche migliaio al giorno. Non ci si riesce e bisogna fare altre cose: una sono i tamponi diffusi, cosa non facilissima da fare ma che va fatta e che sarebbe stata da fare anche molto prima".

 

 

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