
Controlli notturni della Polizia davanti alla stazione Centrale
Milano, 7 ottobre 2018 - Ore 21, piazza IV Novembre. Due ragazzi stanno parlottando davanti all’ingresso laterale della stazione. Fanno per entrare, poi ci ripensano e si dirigono verso un ambulante che vende gadget per cellulari e caricabatterie. Ogni passo si voltano indietro, come se temessero di essere osservati. Il nostro viaggio in Centrale inizia da qui, in giro con gli agenti dell’Investigativa del commissariato Garibaldi-Venezia, guidato dal dirigente Massimo Cataldi.
I segugi di via Schiaparelli si concentrano su quella coppia di giovanissimi vestiti di tutto punto: pantaloni che lasciano scoperta la caviglia, scarpe nuove e giubbotti tipo militare. Sembrano due ragazzi come tanti, ma l’occhio attento dello sbirro di strada nota qualcosa di strano in quei movimenti a scatto. All’angolo con via Sammartini scatta il controllo: entrambi nervosi, negano di aver fatto alcunché. Però c’è quello smartphone di cui non sanno giustificare la provenienza; e neppure conoscono il codice per sbloccare la tastiera. Lo schermo è rotto, e la sim è già stata levata: l’ipotesi è che sia stato rubato da poco, non si sa a chi. E il sospetto diventa ancor più fondato quando da un portafogli spunta una graffetta di quelle che vengono di solito utilizzate proprio per sfilare la scheda telefonica. Elementi sufficienti per indagare per ricettazione uno dei due, un 19enne egiziano.
Sono le 21.30, si riparte. Gli uomini del vicequestore aggiunto Alessandro Chiesa cominciano una sorta di ronda nel dedalo di stradine che finiscono in piazza de Lellis: via Lepetit, via Napo Torriani, via Boscovich, via Tenca. Qui l’emergenza è un’altra: scippi e rapine violente ai danni di turisti e clienti dei tanti alberghi della zona. La sera prima, alle 23, l’ultimo raid in ordine di tempo: una 27enne aggredita e trascinata in strada per rubarle il cellulare, poi l’intervento di una guardia giurata e l’arresto di un 29enne marocchino. E l’elenco potrebbe continuare. Ogni dieci metri, l’attenzione si focalizza su un potenziale obiettivo da seguire, ed è davvero sorprendente scoprire che i volti dei balordi che bazzicano l’area sono stampati nelle menti dei poliziotti in borghese: tratti somatici caratteristici, tipo di capigliatura, generalità e dati anagrafici. «Occhio a quelli», il dito puntato contro un gruppo di romeni che le banche dati descrivono come specializzati in colpi volanti alla fermata della 90-91 in viale Stelvio e dintorni. Parte un pedinamento discreto, a distanza. I tre sono altrettanto «sgamati», e non appena si accorgono di essere seguiti accelerano il passo lungo via Vittor Pisani e spariscono sotto i portici. Poco male, forse questo blitz rimasto a metà a evitato che entrassero in azione.
Il giro prosegue, ormai sono le 23. Via Vitruvio è ancora trafficata, nonostante una sottile pioggerellina: sul marciapiedi vanno su e giù i turisti appena arrivati in treno e diretti in hotel. È proprio lungo quel tragitto che di solito scatta l’agguato: il bersaglio viene agganciato sulla strada principale, seguito nelle traverse e derubato alla prima distrazione. «Venite in via Finocchiaro Aprile», il vocale in chat. Sono in tre, sprovvisti di documenti: i loro nomi non dicono nulla agli archivi, ma i rilievi dattiloscopici rimandano una lunga serie di alias associati a diversi reati compiuti nel recente passato. Hanno riferito di essere iracheni e libici, ma probabilmente, riflette l’investigatore esperto, è solo un escamotage per aggirare un eventuale rimpatrio, visto che è complicatissimo espellere cittadini che provengono da quei Paesi. A mezzanotte siamo in piazza Duca d’Aosta: i controlli in serie hanno ridotto presenze e bivacchi rispetto al 2017, ma la situazione resta complessa. Una trentina di migranti è radunata sotto gli alberi, davanti a un negozio di souvenir; altri venti sono seduti all’imbocco della Galleria delle Carrozze. A un tratto, Chiesa fa un cenno ai suoi: c’è uno scambio in atto tra un ragazzo in bici e un uomo sulla cinquantina; in una mano mezzo grammo di hashish, nell’altra 5 euro. In pochi secondi, il pusher si ritrova in manette: in tasca ha una stecca di «fumo» da 15 grammi e 80 euro ritenuti provento di attività illecita. «Di solito lo uso e basta, è la prima volta...», la difesa del 22enne gambiano, che risulta sbarcato in Italia a inizio 2014. Le verifiche fanno emergere un precedente datato 22 dicembre 2017 a Napoli: rapina aggravata e lesioni. D’intesa col pm di turno Cristian Barilli, scatta l’arresto per detenzione ai fini di spaccio.
Inizia la parte più «burocratica» della giornata, che andrà avanti fino a notte fonda: stesura del verbale, contatti con l’avvocato che seguirà l’indagato e tutto il resto delle pratiche da sbrigare. Vista dall’esterno, pare quasi una lotta contro i mulini di vento, una goccia in un mare oggettivamente impossibile da svuotare. Eppure, ripete sempre Chiesa, la costanza paga col tempo i suoi dividendi e dà senso a uno sforzo quotidiano fatto di turni sfiancanti e servizi continui sul territorio: solo in questo 2018, gli agenti di Garibaldi-Venezia hanno messo a segno 156 arresti. E, a ben guardare, è solo la punta dell’iceberg di un lavoro che spesso passa dalla piccola informazione raccolta dalla fonte confidenziale alla pacca sulla spalla al commerciante esasperato da degrado e microcriminalità: «Chiamaci, noi ci siamo».