Milano – La lite davanti a un distributore automatico di via Rembrandt, a un passo da piazzale Siena. Poi le coltellate all’addome e la fuga, lasciando la vittima in strada in fin di vita. Per quel tentato omicidio, risalente allo scorso 8 giugno, è finito in manette Robert Kajana, venticinquenne nato in Italia di origine albanese. È accusato di aver quasi ucciso B. I. A., trentaduenne romeno, che quella notte si è salvato per un soffio: è arrivato all’ospedale Niguarda in condizioni critiche, ha affrontato quattro interventi chirurgici ed è rimasto in coma, in terapia intensiva, per due settimane.
"Mi sono accasciato sulle ginocchia e ho pensato di morire", ha raccontato dopo essersi ripreso, ricordando l’aggressione in strada. Ieri la polizia di Stato, coordinata dalla Procura, ha eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Kajana; provvedimento restrittivo disposto dal gip Sonia Mancini, in cui si evidenzia "l’enorme sproporzione tra il motivo del litigio, derivante dalla mancata precedenza dell’ordine per la fruizione del distributore automatico, e l’azione delittuosa, rivelatasi quindi una mera occasione per dare impulso al proprio istinto criminale".
Il litigio scatta poco dopo l’1.20 dello scorso 8 giugno al distributore automatico davanti al Bar tabacchi di via Rembrandt 9. Stando a quanto ricostruito dalle indagini della Squadra Mobile diretta da Alfonso Iadevaia, e in particolare dagli agenti della sezione Reati contro la persona guidata dal funzionario Domenico Balsamo, a scatenare la violenza del venticinquenne è stata la reazione del trentaduenne – che era davanti al distributore automatico insieme alla sua fidanzata – quando lui lo ha sorpassato per servirsi per primo, prendendo una bevanda. Da qui l’alterco. Ad alimentare la rabbia del venticinquenne potrebbe esserci stata anche una frase fraintesa, pronunciata dalla vittima in lingua romena.
Dalle parole ai fatti il passo è breve: un primo fendente squarcia la pancia della vittima, ferita con un coltello dal manico di 10 centimetri e dalla lama di 11. A quel punto B. I. A. fugge ma viene inseguito. Si volta urlando alla fidanzata di scappare e di chiamare l’ambulanza. Nel frattempo l’aggressore lo raggiunge e gli infligge un altro colpo nella parte posteriore della schiena. Poi, un’altra coltellata alla pancia. Il venticinquenne si toglie la maglietta insanguinata, corre all’angolo con via Pisanello e si lascia cadere. "Ho pensato di morire". L’accoltellatore fugge verso piazzale Selinunte. La fidanzata e alcuni passanti chiamano i soccorsi.
Scattano le indagini della Squadra Mobile. L’analisi delle celle telefoniche e di numerosi filmati, oltre all’ascolto di testimoni, portano alla svolta. In particolare, i video delle telecamere di sorveglianza ha permesso ai poliziotti di ricostruire il tragitto percorso dall’aggressore dal luogo del fatto fino al suo domicilio, nel quartiere popolare di San Siro. A tradirlo è stato un vistoso tatuaggio sulla mano sinistra, a forma di croce,
notato quella notte sia dalla vittima e sia dalla sua fidanzata.
Per Kajana, che non svolge alcun lavoro e ha precedenti penali e di polizia per lesioni, rissa, porto abusivo d’armi, e droga, e che 20 giorni dopo il fatto era stato fermato e denunciato perché aveva addosso un coltello, il gip sottolinea "la mancanza di giustificazione sottesa al suo comportamento e l’assenza di scrupoli nel ricorso alla violenza". Ora è a San Vittore.