Chloe: drogata e chiusa in valigia. La modella rapita a Milano parla per la prima volta

"Ho cercato di resistere ma è stato inutile". Già fissata la data per il controesame della difesa

Chloe Ayling

Chloe Ayling

Milano, 1 giugno 2019 - Tailleur nero con camicia cangiante verde e capello biondo raccolto, chloe ayling, la modella britannica rapita, a Milano, l’11 luglio di due anni fa dai fratelli di origine polacca lucasz e michal herba, ha raccontato per la prima volta in dibattimento le ore angoscianti in balia dei due criminali e «la paura di non rivedere più il suo bambino di 3 anni, lasciato a londra». la modella ha parlato in collegamento dal tribunale di westminster, non senza difficoltà tecniche che hanno obbligato la corte a interrompere l’udienza più volte, ma la modella non se l’è sentita di tornare a milano.

«Troppa sofferenza – ha detto – non vorrei rivivere quelle ore e quei giorni». Anche se, ha fatto notare il pm Paolo Storari, Ayling dopo il rapimento, che per fortuna si concluse senza gravi conseguenze, è tornata a Milano, almeno un’altra volta, per un servizio fotografico. I giudici italiani hanno anche diposto il sequestro delle immagini riprese dai media briannici, che non erano state autorizzate. Poi il racconto tra le lacrime della modella, fotografatissima sulle pagine del tabloid “Sun”, al suo attivo ha anche una partecipazione al “Grande Fratello” inglese. «Quando sono entrata nello studio fotografico a Milano, il giorno in cui sono stata rapita, c’era silenzio, non vedevo nessuno. È stato in quel momento che qualcuno mi ha messo un braccio sul collo e l’altro sulla bocca, non riuscivo a respirare così ho cercato di togliere la mano».

E prosegue: «È arrivato un altro uomo, con il passamontagna. Ho cercato di resistere, ma non riuscivo a fare forza. Mi hanno iniettato qualcosa: mi sono sentita mancare e sono svenuta». «Mi sono risvegliata in uno spazio ristretto – ha proseguito – poi ho capito di essere dentro un borsone, con polsi e caviglie ammanettate. Mi hanno messo altro nastro isolante sulla bocca perché non urlassi». Ancora: «Hanno fatto un buco nel borsone così che potessi respirare. All’inizio non sapevo dove mi trovavo, c’è voluto un po’ di tempo. Poi ho sentito il rumore di una macchina e ho capito di essere dentro un bagagliaio». La giovane ha raccontato che, mentre si trovava all’interno dell’auto, essendo riuscita a togliere il nastro adesivo dalla bocca, ha provato ad attirare l’attenzione del guidatore. «Urlavo: guidatore dove stiamo andando? Poi sono riuscita ad aprire il borsone, quando la macchina si è fermata, il bagagliaio si è aperto e ho visto di fronte a me due uomini». La modella ha raccontato inoltre di un precedente incontro con un presunto agente, avvenuto a Parigi nell’aprile dello stesso anno, quando avrebbe dovuto realizzare lo stesso servizio fotografico. Il lavoro non andò poi in porto perché furono rubate tutte le attrezzature fotografiche. Una scusa, secondo lei, dovuta al fatto che non si erano create le condizioni del rapimento, rimandato a Milano. Dopo cinque ore di udienza, l’interruzione. Si torna in aula, per il controesame dell’avvocato Simone Znacani, il 14 giugno.

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