SIMONA BALLATORE
Cronaca

Chiude storico McDonald’s di San Babila: ultimo (triste) giorno per l’icona dei paninari

Tra adolescenti arrivati per l’occasione e ricordi di nostalgici e lavoratori ex Burghy: "Fu un faro per i diritti"

foto storica dei Paninari di fronte al Burghy di piazza San Babila

Ultimo giorno del fast food di piazza San Babila, che oggi non alzerà più la saracinesca. Per qualcuno ha il sapore del déjà vu. Perché nel 2015 c’era stata la prima chiusura di quel McDonald’s, un tempo Burghy, icona dei paninari. "Oggi però è tutto un altro film", racconta Isa Tonoli, che nel 1985 ha iniziato a lavorare nel terzo Burghy aperto a Milano, a una manciata di metri dal primissimo di San Babila, e che ha seguito l’ultima trattativa sindacale fino in fondo. Della dipartita di McDonald’s dalla piazza si parlava da un paio di mesi.

L'utimo addio

"Non si è fatto dalla sera alla mattina come la volta prima - premette Tonoli, funzionaria sindacale Filcams Cgil - tutti e 35 i lavoratori sono stati ricollocati e hanno scelto la sede; la maggior parte è rimasta nei due punti vendita del centro, in piazza Duomo e in Galleria. Qualcuno si è avvicinato a casa". La puntata precedente era finita in Tribunale. "E sapevamo già che sarebbe stata una chiusura pretestuosa, che il Mc avrebbe riaperto. Questa volta non sarà così".

I raduni / FOTO

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Stroncato da caro-affitti e cantieri metro

Il caro-affitti è stato la ciliegina sulla torta, i cantieri per la metro non sono stati una passeggiata, si apre altrove (a cominciare da Paullo) e si rafforza il cento con il personale già sotto Natale, mentre si scommette sull’arrivo di un grosso brand di moda all’angolo tra corso Europa e largo Toscanini. "La nostalgia però si respira - racconta Tonoli -, un po’ per la giovinezza alle spalle, eravamo tutti giovanissimi, dentro a lavorare e fuori in piazza. Arrivava la novità del fast food, ci prendevano in giro, non credevano saremmo andati lontano nel Paese della pasta. E invece è stata un’onda. Anche l’attività sindacale è nata lì, ho ancora l’accordo integrativo di Burghy battuto a macchina. Era il tempio dei Paninari ma anche il faro dei diritti San Babila".

Il tempio dei Paninari

Finito il lavoro si stava in piazza, tra i ragazzi. "Avevo poco più di 18 anni. Non ero Paninara per motivi economici - sorride - anche se già ai tempi giravano i ’tarocchi’. Però eravamo tutti a guardare quel mondo lì". Tra gli ultimi clienti a varcare la soglia del fast food oggi ci sono Giuseppe e Riccardo, 17enni, che studiano al liceo Leonardo da Vinci. "È l’ultimo giorno, ci siamo venuti apposta", spiegano, confessando di avere scoperto il mondo dei Paninari proprio in questi giorni. "Ci venivamo ogni tanto, in pausa pranzo, perché è meno affollato di quello del Duomo. Non conoscevamo la sua storia. Ci mancherà". Francesca e Marco Rimoldi son di passaggio, scoprono dell’imminente chiusura al momento del caffè. E Marco, classe ’74, dispensa ricordi. "Arrivavamo dalla periferia il sabato e la domenica: Burghy e cinema in Galleria - racconta -. Paninaro io? Ci adeguavamo alla moda del tempo anche se quei marchi costavano già parecchio". C’è chi custodisce Timberland, bomber verdi - con interni arancioni - camicie a quadri e felpe Best Company nell’armadio, come reliquie. E chi li sfoggia.

Amarcord

Dopo l’annuncio della chiusura c’è chi è tornato in pellegrinaggio, vestito di tutto punto. "Negli anni 80 partivamo con le nostre moto 125 per le trasferte “Manzitive” e ci stallavamo sempre da Burghy in San Babila - scherza Bircide, Ramon Verdoia, che arrivava da Torino e al ritorno dei Paninari ha dedicato uno dei suoi film -. Personalmente ho vissuto 30 anni nel ‘900 e, a parte il periodo grigio legato agli anni di piombo, in cui ero solo un bambino, credo di aver avuto un lusso che oggi i ragazzi non hanno, non mi riferisco semplicemente alla giovinezza, bensì parlo di un senso di appartenenza, di una propria identità. Oggi manca l’aggregazione, manca un punto fisico in cui incontrarci senza necessariamente scriversi sui social. La nostalgia è importante, ma noi viviamo la realtà e porteremo sempre dentro di noi quell’emozione, quel bellissimo modo di vivere".