Cesare Pozzo senza pace, dopo le inchieste il primo sciopero

La storica Società Cesare Pozzo a Milano affronta il suo primo sciopero a causa di licenziamenti e tensioni tra i lavoratori. Il presidente Tiberti difende le scelte aziendali, mentre i sindacati temono per la tenuta occupazionale.

Cesare Pozzo senza pace, dopo le inchieste il primo sciopero

Cesare Pozzo, fondatore della società

Le radici della Cesare Pozzo affondano nel 1877, quando a Milano fu fondata la Società di mutuo soccorso fra macchinisti e fuochisti. Società, divenuta un colosso dell’assistenza sanitaria con circa 150mila iscritti, che ora si trova alle prese con il primo sciopero della sua storia, proclamato dalla Filcams-Cgil. I motivi sono elencati in una nota del sindacato, che ha organizzato per domani un presidio in via San Gregorio. "Le organizzazioni sindacali e le Rsa hanno incontrato la presidenza della Cesare Pozzo per ricevere informazioni in merito alla gestione e alla situazione economica della società, preoccupati dalla crisi di risultati – spiega la Cgil – e alle richieste di chiarimento non c’è stata risposta". Tra i motivi al centro dello sciopero, anche il fatto che "negli ultimi anni almeno 25 lavoratori sono stati licenziati o messi in condizione di dover andare via" e chi è rimasto "lavora in una situazione di tensione e stress".

Mancano, inoltre, "garanzie sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali", si lamenta la "mancata attuazione del piano industriale presentato nel 2023". Il presidente della Cesare Pozzo, Andrea Giuseppe Tiberti, ha replicato ai sindacati con una lettera, sostenendo di aver presentato "in trasparenza i dati dell’ultimo bilancio" e motivando alcune scelte con la necessità di far fronte alla "situazione di difficoltà economica in cui verte da anni la nostra Società" (ex vertici sono stati condannati in primo grado per distrazioni di fondi e altri illeciti)". Tiberti accusa i sindacati di creare "un grave danno all’immagine della Società già compromessa da raccapriccianti fatti commessi dalla precedente gestione", ponendola "dinnanzi al rischio di un tracollo, mettendo a repentaglio tutti i posti di lavoro".

Andrea Gianni