
Marco Emilio Cerri fa parte anche della commissione ministeriale
Marco Cerri ha avuto un ruolo da protagonista nella stesura del testo definitivo della "salva Milano", un provvedimento per mettere sotto scacco le indagini dei pm sull’urbanistica, ricorrendo anche ai suoi legami con parlamentari, su cui esercita la sua sfera di influenza. E sarebbe stato la cerniera tra importanti studi di architettura e gli uffici del Comune di Milano per far passare le pratiche edilizie violando le normative: per questo sarebbe stato remunerato proprio dalla “creme“ degli studi di architettura milanesi. Sono passaggi dell’ordinanza di 264 pagine con cui il gip di Milano Mattia Fiorentini ha emesso la misura cautelare interdittiva per un anno per il progettista e architetto, che è stato componente della Commissione per il paesaggio. Cerri è tra gli indagati in una delle tranche delle indagini sull’urbanistica della Gdf e dei pm Petruzzella, Filippini e Clerici, che ha portato, il 5 marzo, ai domiciliari Giovanni Oggioni, ex dirigente comunale. Dopo gli interrogatori preventivi, il gip ha applicato l’interdittiva solo per Cerri. Negate, invece, le misure richieste per la dirigente comunale Carla Barone e per l’ex dirigente Andrea Viaroli. Questi ultimi, infatti, hanno cambiato uffici rispetto al passato. Il giudice ha disposto invece per Cerri, per due ipotesi di falso e per il pericolo di reiterazione del reato, la sospensione dall’esercizio di pubblici uffici, tra cui lo stop al suo ruolo di componente nella Commissione valutazione impatto ambientale del ministero, oltre ad incarichi nel settore dell’urbanistica, e il divieto temporaneo di esercitare attività professionali.Il gip mette in luce anche il legame tra Cerri e l’avvocata Ada Lucia De Cesaris, ex assessore all’Urbanistica a Milano (non indagata), che gli avrebbe fornito informazioni riservate. Entrambi erano interessati, viene ricostruito, all’approvazione della "salva Milano".Il gip ricostruisce anche l’episodio che riqualifica in tentata concussione, in relazione al progetto immobiliare di via Lamarmora nel quale Cerri avrebbe svolto il suo ruolo di facilitatore. Caso da cui emergono tutti i meccanismi clientelari dell’ufficio comunale che era diretto da Carla Barone. Cerri, secondo il gip, avrebbe avuto anche il potere di distribuire gli appalti, ripartendoli tra una cerchia di amici e, in pratica, lottizzava le offerte. Quando un architetto a lui non legato, come nel caso di via Lamarmora, presentò un progetto, dopo che in passato si era rifiutato di versare una tangente - si legge ancora - gli uffici comunali, su input di Cerri, gli bocciarono la pratica. Cerri avrebbe incassato un “extra“ da pattuire di volta in volta per condizionare l’attività degli uffici a favore di architetti e imprenditori del suo giro. Con l’aiuto di De Cesaris avrebbe anche influito sui finanziamenti bancari per chiudere le operazioni di acquisto. Nel caso di via Lamarmora avrebbe tentato di farsi dare una remunerazione da un imprenditore, il quale, però, affidò l’incarico del progetto ad un architetto a lui sgradito. Per questo, Cerri avrebbe ostacolato l’imprenditore sia nei rapporti con gli uffici comunali sia nel finanziamento.