
Uno svincolo si attorciglia attorno a quel che resta di un bosco, un’autostrada si allarga sull’aia di una cascina. L’antico loggiato cede sotto i colpi del tempo e il terreno dove si coltivavano i gelsi lascia spazio a condomini nuovi, mentre un centro commerciale copre il cannocchiale prospettico di un’antica villa nobiliare. Una stazione di servizio al neon e l’avanzo di un porticato barocco si mescolano al villino anni Venti, in un caos creativo e convulso. È lo sviluppo che avanza, il lavoro dell’uomo modifica il paesaggio e lo rimodella, instancabile, senza sosta. Epoca su epoca, strato su strato, moda su moda. Ogni anno l’Istituto superiore di protezione ambientale monitora il consumo di suolo, il terreno vergine sacrificato al cemento. 883 ettari nel 2022. Il 12,7% del territorio lombardo divorato per sempre. Ma è traducendo le cifre in immagini che si comprende come questa costante erosione abbia lasciato dietro di sé una nuova forma di desertificazione.
Nella classifica dei comuni dove il suolo è stato maggiormente nascosto da costruzioni e asfalto, ai primi quindici posti, ci sono solo nomi campani, milanesi, brianzoli e bergamaschi. Il record italiano è a Casavatore, nel Napoletano. I 139 ettari edificati sono il 91% del totale. Il record lombardo se lo aggiudica Lissone, settima in Italia, che ha cancellato il 71,3% del suolo. Poi Sesto San Giovanni, undicesima, con il 68,8%, seguita dalla piccola Lallio (Bergamo), col 66,7%, e infine Corsico, 15esima, con il 65,7%.
Le immagini
A rendere le sterili percentuali materia viva ci pensa però la fotografia. Il portale cartografico regionale, infatti, conserva gli scatti aerei di tutto il territorio lombardo e consente di coglierne l’evoluzione, mettendo a paragone la situazione del 1954, anno della prima campagna di rilievi, con quelle del 1975 e del 2021, restituendo l’espansione dell’economia e dell’edilizia, ma anche il prezzo che - in settant’anni - la regione ha pagato al proprio benessere.
Milano
A Milano, ancora nel ’54, l’area attorno a San Siro, fra le case popolari, regalava ampie superfici coltivate. A Sesto San Giovanni, che già a inizio Novecento era cuore pulsante dell’industria pesante, Falck, Breda e Marelli nello stesso anno non avevano ancora distrutto i campi di grano e erba medica, divorati invece dai condomini della grande migrazione dal sud. Viale Fulvio Testi era circondato di prati, piazza Primo Maggio, una macchia di verde lungo la ferrovia.
In provincia
La foto aerea di Lissone, in Brianza, restituisce un disastro di programmazione. Una convulsione di condomini, fabbriche, capannoni ha quasi del tutto cancellato la distinzione fra città. Settant’anni fa, invece, la distanza con Monza, Desio e Muggiò era chiaramente leggibile. Corsico, lungo il Naviglio, era un paese circondato da cave e marcite ancora nei primi anni del Dopoguerra. Oggi ha cancellato quasi due terzi del suolo e le cave sono diventati parchi attorno ai quali si affacciano i condomini.
Il dato inatteso
Da raccontare il caso di Lallio, Bergamo. Un paese letteralmente invaso da fabbriche e case, che ancora nel 1975 era un piccolo nucleo circondato dal verde. Oggi, dall’aereo, è quasi indistinguibile dal resto della periferia orobica. Pochi campi attorno a 144 ettari di asfalto e calcestruzzo.
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