SIMONA BALLATORE
Cronaca

La diagnosi arriva dal Medioevo, le madri soffrivano di celiachia: “Non è una malattia moderna”

Milano, la scoperta dall’analisi delle ossa: i resti affiorati dal cantiere della nuova metropolitana. “Carenza di vitamina D e disturbi autoimmuni, la paleopatologia ribalta le nostre convinzioni”

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Cristina Cattaneo, 60 anni, docente di Medicina Legale all’Università degli Studi di Milano e direttrice del laboratorio Labanof

Milano – Due scheletri, due donne che, all’epoca della loro morte, erano in gravidanza e che probabilmente soffrivano di celiachia. Una patologia che si affaccerebbe così, per la prima volta, nella Milano altomedievale. È l’ultima indagine del Labanof, il laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università Statale di Milano, diretto dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, in prima linea nella risoluzione dei delitti (da Yara Gambirasio a Saman Abbas), nel ridare un volto ai naufraghi del Mediterraneo, ma anche nella ricostruzione della storia della città, insieme al suo team di ricercatori.

Tra loro c’è Lucie Biehler-Gomez, 31 anni, ricercatrice paleopatologa del dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, che si sta dedicando in particolare alle “Donne Milanesi Nascoste“: Domina è l’acronimo di questa indagine sull’evoluzione della condizione femminile a Milano, secolo dopo secolo, che si arricchisce ora di un nuovo tassello, pubblicato sul Journal of Archaeological Science, che porta la sua firma. Si riparte dagli scavi del 2018, per il nuovo metrò 4, che avevano portato alla luce due necropoli in uso dall’epoca romana fino a quella moderna. Il cimitero “ad martyres“ ai piedi della Basilica di Sant’Ambrogio e la necropoli di San Vittore al Corpo.

Tra gli scheletri erano stati ritrovati anche quelli di due donne, con accanto due feti, di circa 8 mesi ciascuno: uno era all’interno del bacino della madre, l’altro poco distante dai resti della seconda adulta, molto probabilmente la mamma. Entrambi risalgono all’Alto Medioevo. “Ci hanno colpito subito per le loro deformità scheletriche e abbiamo cominciato a indagare come queste abbiano avuto un impatto sulla loro qualità di vita”, spiega Lucie Biehler-Gomez. Scoliosi, riduzione della gabbia toracica, alterazione dell’andatura, marcato restringimento dello scavo pelvico. Quelle deformità sarebbero attribuibili all’osteomalacia, una patologia legata alla fragilità ossea e associata alla carenza di vitamina D. In un periodo storico in cui la vitamina D però non mancava certo nell’alimentazione, tra uova, formaggio e pesce (a tavola si poteva trovare la trota). Ad abbondare erano in particolare i cereali. Di qui la “spia“: che siano state celiache?

La celiachia infatti è un disturbo autoimmune che colpisce il sistema digestivo, causato dall’intolleranza al glutine e provoca un malassorbimento di vitamina D. Non solo. In caso di gravidanza “può aumentare l’incidenza di aborti spontanei, nascite premature, restrizione della crescita intrauterina e scarso apporto nutrizionale fetale”. Alle indagini paleopatologiche si sono intrecciate quelle cliniche e storiche.

“L’analisi bioarcheologica di queste donne ci permette di capire chi erano, come vivevano e come questa carenza abbia impattato anche sul corso della loro gravidanza – spiega la ricercatrice –. Grazie ai testi storici, sappiamo che l’alimentazione era ricca nella Milano altomedievale per via delle abbondanti risorse disponibili, anche per i ceti bassi della società. Pensiamo quindi che la carenza di vitamina D, della quale entrambe le donne soffrivano, possa essere causata da un malassorbimento intestinale, come la celiachia”. Che non è una “malattia moderna” come si tende a credere, con le diagnosi in aumento. “C’è questa idea comune che la celiachia, così come le patologie cardiovascolari, il cancro e il diabete, siano patologie recenti, moderne, dovute dal nostro modo di vita del 21esimo secolo – conferma Lucie Biehler-Gomez –. In realtà, la paleopatologia ci insegna che non è proprio così, e ci permette di ricostruire la storia e l’evoluzione delle malattie, a volte andando contro i testi storici o le credenze moderne, ma permettendo sempre di ampliare le nostre conoscenze sul passato”. L’indagine continua. E, come ricorda sempre Cristina Cattaneo, “le fonti storiche possono tradire, le ossa non mentono mai”.