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Cronaca

Lombardia, silenzi e finte coop: il caporalato rende

Paghe da fame e vessazioni. In agricoltura irregolare un sesto del fatturato

Caporalato

Milano, 5 marzo 2019 - Dai campi alla logistica, la Lombardia si conferma nell’anno appena concluso territorio a rischio per il fenomeno del caporalato. Tutto dipende dall’evoluzione dei due settori, che richiedono sempre maggiori servizi - e quindi lavoro, anche a basso costo - per raggiungere i mercati. Nelle campagne, le aziende dalla semplice raccolta di stagione stanno lentamente passando all’offerta di ortaggi e frutta lavorati, pronti all’uso, lavati e puliti. Questo aumenta la redditività dei prodotti, ma richiede una quantità di lavoro maggiore, concentrata soprattutto nel periodo stagionale in cui i frutti maturano nei campi. Dal pomodoro, nella bassa Cremasca e Mantovana, alle insalate pronte, per le quali esiste una storica vocazione della Bergamasca, fino alla coltura del melone nei campi del Mantovano. Secondo l’ultimo rapporto su Agromafie e sfruttamento, oltre un sesto (il 15,5%) del fatturato delle aziende agricole è dato dal sommerso, dal caporalato.

Da quelle persone che vengono pagate - stando alla stessa relazione - dai due ai 3 euro all’ora, o a cottimo fino a 3 euro a cassone di merce raccolta. Una piramide, una gestione integrata nella quale le aziende committenti non hanno rapporti con i singoli lavoratori, ma con intermediari, spesso mascherati da cooperative, che a loro volta si rivolgono a ulteriori agenzie e infine ai veri capisquadra che raccolgono e gestiscono direttamente il lavoro di chi - nella gran parte dei casi - non ha documenti e diritti riconosciuti.

L’ultima frontiera è quella delle logistiche. Che da semplici poli di smistamento di prodotti finiti, sono sempre più poli per lavorazioni esternalizzate. Confezionamento di alimentari, gestione diretta di beni di consumo, chimica, elettronica o libri, Anche qui, il sistema schermo delle false coop. E il contrasto allo sfruttamento cresce. La Lombardia è dietro Sicilia, Puglia, Toscana, Veneto ed Emilia la sesta regione in classifica: otto fermi su cento per sfruttamento nel 2018 si sono registrati qui.