
di Andrea Gianni
La Pinacoteca di Brera, quando il personale non è sufficiente, è costretta a chiudere al pubblico alcune sale espositive. Il Cenacolo Vinciano, invece, in caso di emergenza deve ridurre gli orari di apertura. Questo nonostante flussi di visitatori in costante aumento, nella Milano che dopo le restrizioni imposte dalla pandemia è tornata ad accogliere turisti da tutto il mondo. Effetti della carenza di organico nei musei milanesi che fanno capo al ministero della Cultura. "Rispetto a Firenze la situazione a Milano è peggiore", spiega Misia Fasano, segretaria milanese della UilPa. Un riferimento all’allarme lanciato dal direttore degli Uffizi di Firenze, Eike Schmidt, dopo il decreto ministeriale che rivede del 9% al ribasso la pianta organica delle Gallerie: "I visitatori tornano ai livelli del 2019 e oltre, aumenta l’offerta dei musei, ma il personale continua a contrarsi. Senza una soluzione chiudiamo tutti, anche i più grandi".
Chiusure alternate di sale e restrizioni di orari che, a Milano, sarebbero già realtà. Il problema è sempre lo stesso, e si trascina aggravandosi anno dopo anno: tagli alla cultura e personale che va in pensione e non viene sostituito. Secondo i dati del sindacato, il Museo del Cenacolo Vinciano (che fa capo alla Direzione regionale musei dopo la riforma Franceschini) deve garantire 11 ore di apertura quotidiane con solo 10 dipendenti. Ne servirebbero almeno il doppio. Ogni giorno visitano il polo che ospita il capolavoro di Leonardo Da Vinci, uno dei tesori italiani più celebri nel mondo, 1.470 persone, con altrettanti biglietti staccati che foraggiano le casse pubbliche. La Pinacoteca di Brera apre quotidianamente con 40 addetti alla vigilanza, oltre a 10 persone incaricate dei servizi di sicurezza 24 ore su 24 del complesso che conta circa 2.400 ingressi quotidiani. Sono una decina, inoltre, gli addetti in servizio alla Biblioteca Braidense. Anche nel caso di Brera servirebbe almeno il doppio dei dipendenti, al netto della partita legata a Palazzo Citterio. E, per mettere una pezza, si fa ricorso a personale precario di società esterne con "gare di assegnazione al ribasso" e stipendi sempre più bassi.
"Le criticità e le carenze di personale sono così accentuate che sono sempre più a rischio le aperture – spiega Cesare Bottiroli, segretario milanese della Fp-Cgil – basta una assenza improvvisa, una malattia, un evento fortuito e l’equilibrio salta". A Brera "anche i restauratori sono carenti", oltre alle scoperture di organico negli uffici amministrativi. A luglio i sindacati Cgil, Cisl e Uil avevano organizzato una manifestazione, con un presidio davanti alla Prefettura di Milano, per chiedere al ministero un intervento immediato. Ma gli appelli sono caduti nel vuoto. E per settembre è già stato proclamato uno sciopero nazionale, rilanciando la palla al Governo che uscirà dalle urne. La Lombardia complessivamente conta meno di 500 addetti nei poli che fanno capo al ministero per i Beni culturali, e carenze di oltre il 43% dell’organico. "È possibile pensare che una regione con 11 milioni e mezzo di residenti fiscali possa funzionare, oppure offrire i servizi e garantire la visione dei suoi tesori con un organico di meno di 500 unità? Se paragoniamo la Lombardia ad altri territori, la proporzione tra il bacino di utenza e gli organici in servizio è semplicemente improponibile", denunciano i sindacati. Se i musei statali soffrono, anche in quelli che fanno capo ai Comuni la situazione è tesa. Una lunga vertenza, poi conclusa con un accordo, ha riguardato i musei civici del Comune di Milano. Il cambio di appalto, infatti, rischiava di peggiorare le condizioni già problematiche dei circa 200 operatori che si occupano dell’accoglienza, assunti da società esterne con stipendi che per un full time si aggirano sui 750 euro al mese, a volte con una laurea in tasca.