Boselli: "Un furto ti cambia la vita Sbagliato minimizzare il fenomeno"

L’imprenditore: criminalità odiosa, però non è la Milano anni ’70. E le forze dell’ordine fanno quel che possono

Boselli: "Un furto ti cambia la vita  Sbagliato minimizzare il fenomeno"

Boselli: "Un furto ti cambia la vita Sbagliato minimizzare il fenomeno"

"Ingiustizie di questo tipo finiscono per condizionare inconsciamente i comportamenti: ci si guarda intorno senza la tranquillità di prima, si separano le carte di credito e di identità dal resto del portafoglio, per evitare di perdere tutto".

Mario Boselli, 82 anni, imprenditore e presidente della Fondazione Italia Cina, descrive così gli effetti del furto della propria catenina d’oro subìto il 30 luglio, in pieno giorno, mentre camminava insieme alla moglie in viale Vittorio Veneto, vicino ai Giardini Indro Montanelli.

"Bisogna essere onesti, le forze dell’ordine fanno quello che possono", afferma Boselli, interessato a richiamare l’attenzione delle autorità sul tema della sicurezza del capoluogo lombardo, senza cedere alle semplificazioni.

La sua preoccupazione, racconta, è che "la reputazione di Milano, ansiosa di collocarsi tra le più importanti città europee, possa risentire negativamente di simili accadimenti". Nel suo caso, precisa, "gli autisti fermi al semaforo che avevano visto tutto si sono messi a suonare il clacson, ma in altre zone più periferiche e con meno passaggio di persone – prosegue – potrebbe non esserci nessuno d’aiuto".

Secondo Boselli, il fatto che si parli di sicurezza percepita non deve far dimenticare che "i reati accadono davvero, danneggiando i cittadini".

Per questo, sostiene, è necessario non sottovalutare il problema, che "abbiamo visto non conoscere zone né, per così dire, orari franchi".

Dal suo punto di vista, è sbagliato minimizzare il fenomeno, ma occorre evitare anche l’opposta esagerazione di ogni fatto. "Avendo conosciuto la Milano degli anni di piombo, ritengo sia bene non dimenticare cosa significava vivere davvero con la paura di uscire di casa, lasciando i marciapiedi deserti…".

Rispetto a quel periodo, "il fenomeno della microcriminalità, per quanto odioso e pericoloso, è assolutamente un’altra cosa".

A quei tempi, conclude, "giornalisti, imprenditori e manager venivano uccisi, sequestrati o gambizzati, mentre in questo caso si è trattato di un antipatico spavento, una sorta di colpo di frusta che mi induce oggi a essere più vigile: come chi, dopo essersi scottato con l’acqua calda, teme poi quella fredda".

Matteo Cianflone