NICOLA PALMA
Cronaca

Rogoredo, l'esperto: "Così aiuteremo i ragazzi a uscire dal boschetto della droga"

Riccardo Gatti: l’uomo in metrò? Potrebbe essere chiunque, emergenza diversa dal passato

Il boschetto di Rogoredo

Milano, 18 gennaio 2019 - «Quelal foto mi fa venire in mente il passato dei ragazzi ripiegati su loro stessi con la siringa infilzata nel braccio, ma in realtà racconta anche molto altro». Il dottor Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento dell’Area Dipendenze dell’Asst Santi Paolo e Carlo, commenta così lo scatto pubblicato dal Giorno: un giovane tossicodipendente che fuma droga seduto in metropolitana, tra decine di passeggeri della linea gialla alle 20 di martedì.

Dottor Gatti, che sentimenti le suscita quella fotografia in metrò?

«È una foto che mi fa ricordare i tempi in cui si vedevano per strada gli eroinomani con la siringa nel braccio. D’altro canto, però, è sbagliato interpretare la foto soltanto come un ritorno al passato: quel ragazzo potrebbe essere chiunque».

Cioè?

«Negli anni Ottanta, l’emergenza eroina era circoscritta a determinati luoghi e determinati quartieri. Quella foto, invece, ci fa capire che la questione attuale è ben più complessa: il problema non è soltanto Rogoredo, che rappresenta una parte del mercato della droga. Ci sono i contrasti in corso per la conquista del territorio, e penso ad esempio alla sparatoria dell’altro giorno a Quinto Romano. Senza dimenticare gli ultimi casi di furti di medicinali e ricettari, che accendono invece i riflettori sul possibile utilizzo di sostanze come il Fentanile e i suoi derivati. Servono strumenti nuovi per cercare di interagire con questi ragazzi, che sentono il bisogno di un’alterazione dello stato mentale con sostanze psicoattive e che alimentano continuamente la domanda».

Secondo lei, a cosa è legato questo bisogno?

«In questi anni, abbiamo vissuto il passaggio dalla società post-industriale a quella dei nativi digitali interconnessi: quindi la generazione precedente, cioè quella dei genitori di questi ragazzi, rischia di non avere gli strumenti adeguati, di non avere i mezzi necessari per comunicare con i figli. C’è stato un ampliamento dello scenario sul fronte delle droghe: un passaggio dal marginale all’integrato, dalla sensazione di essere persi a una situazione di consumo simile a un must. I ragazzi che vanno a Rogoredo o in qualunque altro luogo che offra loro la possibilità di acquistare droga sanno benissimo cosa stanno cercando in termini di effetti dello stupefacente su di loro: vogliono riempire un vuoto legato all’ansia, a un’identità da recuperare. Non sanno invece a quali rischi andranno incontro con l’uso di quelle sostanze. Per questo, dobbiamo unire tutte le nostre forze per fronteggiare questa nuova emergenza: noi ci siamo, ci siamo sempre stati, e abbiamo tutti gli strumenti per comprendere il fenomeno e trovare soluzioni adeguate».

L’Ats Metropolitana e le Asst Santi Paolo e Carlo e Fatebenefratelli-Sacco, con il coinvolgimento del privato sociale, sono già in prima linea, su mandato della Regione e sotto il coordinamento della Prefettura, nel progetto delle pattuglie socio-sanitarie che a fine mese arriveranno a Rogoredo: qual è l’obiettivo?

«Innanzitutto, dobbiamo trovare un modo per ricominciare a comunicare con queste persone. Un compito non semplice, anche perché il boschetto è frequentato da varie tipologie di tossicodipendenti: ci sono gli eroinomani “storici”, ma anche i ragazzini che si sono avvicinati da poco all’eroina. Il nostro obiettivo prioritario è individuare uno schema efficace per interagire, per poi proporre i percorsi più adeguati di cura. Purtroppo, la situazione è già esplosa, ma noi abbiamo tutte le conoscenze per affrontare il problema: stiamo agendo, siamo sempre stati sul pezzo su questo argomento. Dobbiamo assolutamente evitare che si replichi in Italia quanto sta succedendo negli Stati Uniti, dove ogni anno ci sono più morti di overdose che in tutta la guerra del Vietnam. Il rischio c’è, ma noi siamo pronti e preparati. Con una consapevolezza: a differenza degli States, qui abbiamo un sistema sanitario territoriale che lì non esiste e che è in grado di prendere in carico queste persone. Dobbiamo convincere i ragazzi a farsi aiutare, solo così potremo tirarli via dal boschetto e dalle altre piazze di spaccio, comprese quelle invisibili».