Bosco di Rogoredo, è ancora allarme droga: duemila vie d’uscita

I tossici contattati in un mese. Due salvati da overdose, 6 in comunità

Uno dei tossici che vivono nel boschetto dell’eroina di Rogoredo mentre si inietta una dose vicino al suo giaciglio

Uno dei tossici che vivono nel boschetto dell’eroina di Rogoredo mentre si inietta una dose vicino al suo giaciglio

Milano, 6 marzo 2019 - Oltre duemila «contatti» in un mese, 550 a settimana, con i tossicodipendenti e i frequentatori più o meno occasionali da tirar fuori dal boschetto dell’eroina: quelli diffusi ieri dall’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera sono i primi dati veri sul Progetto Rogoredo, il capitolo sociosanitario della nuova strategia del prefetto Renato Saccone per risolvere il problema del più grande supermercato a cielo aperto della droga nel Nord Italia, cresciuto in sei anni alle spalle di una stazione dei treni veloci e della metropolitana, che in otto fermate arriva al Duomo.

Se sul fronte sicurezza le forze dell’ordine, nei pattugliamenti quasi quotidiani al boschetto (181 servizi di controllo da ottobre 2018 alla fine di febbraio) per fiaccare gli affari delli spacciatori, hanno identificato 3.907 persone, ne hanno arrestate 30 e denunciate 308, per 113 hanno proposto il foglio di via e per 100 l’allontanamento, il Progetto Rogoredo coordinato dall’Ats Metropolitana lavora sul fronte opposto e complementare dell’aiuto ai consumatori. In questa prima fase, con un ambulatorio mobile dell’Areu che da fine gennaio presidia la stazione per sei ore al giorno coi soccorritori della Croce rossa e gli educatori di Coop Lotta contro l’emarginazione e Comunità nuova; e con gli operatori di altre associazioni e comunità terapeutiche che da metà febbraio entrano nella piazza di spaccio per «agganciare» i tossicodipendenti.

In un mese, i soccorritori hanno salvato due persone dall’overdose (in un caso era un mix micidiale di alcol e coca); altre 10 le hanno mandate al pronto soccorso, col supporto del 118, «per malesseri acuti quali allucinazioni, contusioni gravi», e ancora «casi di overdose»; e 150 frequentatori di Rogoredo li hanno curati lì per problemi meno gravi, come «scompensi e ferite con infezioni».

Ma «Il contrasto al consumo di stupefacenti – chiarisce Gallera – viene affrontato anche con una concreta attività di recupero». In quattro settimane, gli operatori hanno avuto con gli «agganciati» 28 colloqui di orientamento ai servizi ambulatoriali (come i Serd), e dodici persone hanno accettato un ricovero notturno «di sollievo», sradicandosi almeno fisicamente dal bosco della droga. Sei tossicodipendenti sono entrati in comunità, e altri trenta hanno iniziato a parlare con gli educatori di un ricovero o di entrare in un programma di recupero. Ogni volta che entrano nel boschetto, gli operatori stabiliscono un contatto con trenta persone nuove al giorno. Il numero raddoppia nei fine settimana.

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