
"Tòcch de Milan"
Milano, 19 marzo 2016 - Terminiamo il nostro cammino riguardante le regole per la pronuncia prendendo in esame qualche consonante: H – determina la pronuncia dura della “c” e della “g” in fine di parola (pòcch, tacch) J – prende il posto del gruppo palatale “gl” italiano (aj, mej) V – quando intervocalica tende a scomparire (trovà si pronuncia truà, scova si pronuncia scua) Z – una via di mezzo fra la “s” e la “z” S’C – la troviamo prima delle vocali “e” e “i”; l’apostrofo indica che i due suoni devono essere pronunciati separatamente come in italiano ‘scentrare’ ( s’ceppà, s’ciao, mas’c) S’G - analogamente al precedente digramma i suoni devono essere divisi, come in italiano ‘sgelare’ (s’gelà, s’giaff).
Un detto che ci fa ricordare ancora la Senavra, è “Te seet on bòggia o fà minga el bòggia”. Questo modo di dire deriva da un personaggio, Antonio Boggia, che nella seconda metà del XIX secolo fece molto parlare di sé balzando alle cronache, per una serie di omicidi da lui commessi e che gli consentirono di impossessarsi dei beni di proprietà delle sue vittime. Perché diciamo che il modo di dire ci fa tornare alla Senavra? Perché anche lui vi fu internato per alcuni anni. Oggi sarebbe definito senz’altro un serial killer (uccise quattro persone, la quinta riuscì a salvarsi e a denunciarlo); di lui ha scritto l’avvocato Giovanni Luzzi ne “Il giallo della Stretta Bagnera”.
Nonostante l’efferatezza dei suoi crimini, Antonio Boggia riusciva a farsi accettare come persona per bene: frequentava con assiduità la chiesa di San Giorgio al Palazzo e i vicini lo giudicavano un bravo cristiano, timorato di Dio, sempre pronto a darsi da fare per il prossimo. Tre delle vittime del Boggia furono rinvenute scavando nella sua cantina, sita in Stretta Bagnera (oggi Vicolo Bagnera) che lo stesso usava come magazzino e ufficio. Anche in questo caso vi sono due versioni del detto, una che vedrebbe nel fare o essere un bòggia il modo di essere falsamente gentile – come lo era il Boggia per accattivarsi la fiducia delle sue future vittime – e un’altra, forse più attendibile, che invece vorrebbe identificare chi è già un poco di buono. Per la cronaca, Antonio Boggia fu impiccato in un piazzale fra Porta Vigentina e Porta Ludovica, nel 1862, la sua fu l’ultima esecuzione capitale eseguita a Milano. Il Lombroso, che analizzò insieme ad altri medici la testa del Boggia, sentenziò che la fisionomia era tipica dell’assassino.