
Blue Whale è una pratica pericolosissima per gli adolescenti
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Milano - «Se sei pronta a diventare una balena devi inciderti ‘yes’ sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti"; "ora ti punisco, lo devi fare subito quello che ti dico, non deve passare così tanto tempo"; "prendi il ra- soio, ora ti fai un taglio sotto il piede sinistro e sotto il piede destro, un taglio sul palmo della mano destra e un altro sul palmo della mano sinistra e mi invii le foto". Erano questi gli “ordini“ che una 23enne inviava a una ragazzina di 12 anni di Palermo nella Blue Whale Challeng che prevedeva 50 prove per 50 giorni fino alla finale definitiva, quella del suicidio buttandosi da un palazzo. Un fenomeno preoccupante con vittime gli adolescenti, spesso poco più che bambini, che ieri ha visto la prima conclusione in tribunale con la condanna a un anno e mezzo, con pena sospesa e non menzione, della oggi 25enne che tormentava la ragazzina siciliana.
Si tratta del primo e unico processo celebrato davanti al Tribunale di Milano. La 25enne era imputata di atti persecutori e violenza privata aggravati, per essersi spacciata per "curatore" nell’ambito della Blue Whale Challenge e per aver costretto, tramite i social, una minorenne a infliggersi alcuni tagli sul corpo e ad inviarle le foto, come primo step delle 50 prove di coraggio. A deciderlo è stato il giudice monocratico della nona sezione penale Angela Martone. La vicenda, al centro di un processo durato due anni, era emersa in seguito a un’inchiesta sul fenomeno della Blue Whale da parte di una giornalista che, fingendo di essere una minorenne pronta alla sfida, aveva aperto un profilo sui social ed era entrata in contatto con una alunna delle scuole medie di Palermo, ai tempi aveva 12 anni, che, nell’estate di quattro anni fa per qualche mese, aveva cominciato a giocare per davvero con la giovane imputata.
Da qui la denuncia della stessa giornalista alle forze dell’ordine per segnalare i pericoli che stava correndo la ragazzina e l’avvio dell’indagine coordinata dal pm di Milano Cristian Barilli. La ragazza, secondo la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori della Polizia postale, tra il maggio e il giugno del 2017, con un complice di origini russe allora di 16 anni, avrebbe contattato la vittima mediante profili Instagram e Facebook come "curatorlady", sostenendo di essere uno dei "curatori" del gioco, indicandole e imponendole i gesti da compiere, per altro concordati con un complice.
Inoltre la presunta "curatrice" avrebbe reiterato le "proprie minacce" e la propria "capacità intimidatoria" avvisando la 12enne di conoscere il suo "indirizzo IP di connessione", cioè il luogo da cui si connetteva e quindi di poter "raggiungerla e di ucciderla qualora avesse interrotto la partecipazione alla ‘Blue Whale Challengè". La giovane, con la complicità del ragazzo russo, avrebbe provocato nella vittima "un perdurante e grave stato di ansia e di paura" per la propria incolumità e, come si evince dagli accertamenti informatici della Polizia postale, avrebbe imposto anche altri atti più gravi "con lo scopo di recare dolore e disagio alla persona, chiedendo addirittura una condotta conclusiva consistente nel suicidio mediante un salto nel vuoto dal tetto di un edificio". Ieri il giudice Martone ha inflitto una pena (sospesa) di un anno e 6 mesi con la non menzione riconoscendo le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti.