MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Bledjan Beshiraj, picchiato nella casa di accoglienza: “Pestato da più persone: voglio giustizia”

Parla il direttore della Casa della solidarietà dei Fratelli di San Francesco al Gratosoglio picchiato il 19 luglio insieme a un operatore. Un diciottenne arrestato ma gli altri sono ancora in fuga

Bledjan Beshiraj, prima e dopo dell'aggressione

Bledjan Beshiraj, prima e dopo dell'aggressione

Milano, 19 settembre 2023 –   “Ho rischiato di morire. Uno di quei ragazzi mi ha colpito alla testa con una spranga e a distanza di due mesi non mi sono ancora ripreso. Ne hanno arrestato uno? Bene. Mi auguro li prendano tutti: voglio giustizia". Bledjan Beshiraj, 40 anni, direttore del centro “Casa della solidarietà” di via Saponaro 40 al quartiere Gratosoglio e responsabile di più strutture di accoglienza gestite dalla Fondazione Fratelli di San Francesco, è stato aggredito da un gruppo di giovanissimi lo scorso 19 luglio insieme a un operatore della struttura, che ha subìto la perforazione di un polmone.

Come sta, adesso?

"Sono ancora in infortunio e non so quando potrò rientrare al lavoro. Quella bastonata, seguita da un brutale pestaggio di gruppo, mi ha provocato una frattura multipla scomposta all’osso frontale della testa. Un osso del cranio è entrato nella cavità orbitale dell’occhio sinistro, ho avuto molta paura. Sono stato operato alla testa all’Humanitas, è stato un intervento molto invasivo e delicato. Poi sono stato ricoverato in ospedale per 14 giorni. Secondo i medici mi ci vorranno altri 4 o 5 mesi per rimettermi in sesto. Mi hanno detto che sono stato un miracolato perché quell’agguato avrebbe potuto essere letale. E non so se tornerò mai come prima: ho giramenti di testa, vertigini e mal di testa. Sono stato colpito con una violenza brutale, senza un perché".

Quanti erano?

"Almeno in 15".

Cosa ricorda di quella sera?

"Io e un operatore della struttura stavamo andando nell’oratorio di Santa Maria Madre della chiesa, poco distante, a prendere un gruppo di ragazzi minorenni, ospiti del nostro centro di via Saponaro, quando siamo stati accerchiati da questi giovani a noi sconosciuti. Uno di loro mi ha sorpreso alle spalle, colpendomi sulla testa con una spranga, nella parte laterale sinistra, e riuscendo a raggiungere la fronte. Io a quel punto sono caduto a terra e sono stato assalito da altri che mi hanno preso a calci e pugni. Senza pietà. Anche l’altro ragazzo che era con me, un operatore di 32 anni, è stato ferito con un fendente al polmone. Per fortuna, adesso si è ripreso. Ciò che mi lascia basito è la violenza inumana, scattata senza motivo. Solo per fare del male. Purtroppo a Milano episodi di questo tipo non sono rari: non è accettabile venire aggrediti così, per strada. E può capitare a chiunque".

Un diciottenne è stato arrestato per tentato omicidio: il suo primo pensiero appena lo ha saputo?

"Che fosse una buona notizia. Ma non basta: io vorrei che tutti i responsabili venissero individuati e puniti. Voglio giustizia. E soprattutto che gli arresti servano affinché fatti del genere non si verifichino più. Io quella sera ho temuto non solo per la mia vita ma anche di dare un dolore troppo grande alla mia famiglia: sono papà di due bambini. Non dimenticherò mai il volto di mia moglie, quando è venuta in ospedale dopo l’aggressione. Era sotto choc".

Di dov’è originario? Da quanto tempo vive a Milano?

"Sono albanese, di Tirana, e mi sono trasferito a Milano più di 20 anni fa per motivi di studio: mi sono laureato in “Comunicazione e società“, della Facoltà di Scienze politiche, all’Università degli Studi. Poi mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università di Tirana e ho conseguito un master. Mentre studiavo, ho iniziato a darmi da fare come volontario per aiutare le persone in difficoltà e poi come operatore delle strutture della Fondazione Fratelli di San Francesco, arrivando poi a dirigere diverse strutture di accoglienza. Un paio di anni fa mi sono anche candidato per il Municipio 5, nella lista di Fratelli d’Italia, per mettere la mia esperienza e il mio impegno a servizio del territorio".

Tornerà a fare il suo lavoro, dopo l’esperienza che ha vissuto?

"Certamente sì. Quello che è successo è stato tremendo, ancora non ne sono uscito del tutto, ma io voglio tornare a lavorare nelle strutture di accoglienza".

I giovanissimi che l’hanno aggredita meritano una seconda possibilità?

"Ci vorrà molto lavoro e soprattutto moltissima forza di volontà. Io mi auguro intanto che si rendano conto di ciò che hanno commesso: avrebbero potuto uccidere me e l’altro operatore, è un fatto gravissimo".