Milano, bar in vendita: comprano i clan. Uno su 4 rischia la chiusura

Allarme di Confcommercio: proposte di acquisto sospette al 13% degli esercenti. Gli affitti restano stabili e crescono i debiti. "Attendiamo un boom di aste giudiziarie"

Corso Buenos Aires deserto dopo la nuova stretta sugli orari

Corso Buenos Aires deserto dopo la nuova stretta sugli orari

Milano, 21 ottobre 2020 - Per avere un’immagine della crisi basta camminare lungo i Navigli, su strade dove spiccano i cartelli "vendesi" attaccati sulle saracinesche abbassate di bar e ristoranti nel cuore nella movida. Sulla piazza di internet fioccano gli annunci: 100mila euro per un bar in piazza Repubblica, 350mila euro con acconto di 115mila per un ristorante in Porta Romana, 20 milioni di euro per un hotel. Esercenti che non riescono più a tirare avanti cercano di vendere ma di fronte all’incertezza e alla carenza di liquidità quasi nessuno compra, anche perché finora i prezzi sono rimasti a livelli pre-Covid. Una situazione ideale per attirare gli appetiti della criminalità organizzata in cerca di sistemi per riciclare denaro sporco.

Secondo un’indagine di Confcommercio il 13% degli imprenditori, dopo il primo lockdown, si è visto proporre la vendita della propria attività "a prezzi stracciati", mentre il 47% è venuto a conoscenza di offerte fuori mercato fatte a colleghi. Un presente in sospeso e un futuro che fa paura: secondo le stime dell’associazone, il 25% dei circa novemila bar e ristoranti di Milano rischia di chiudere. Con la nuova stretta i ricavi potrebbero calare del 50%, con una perdita prevista di 60-70 milioni di euro nell’arco di 30 giorni.

«In una settimana abbiamo visto quattro provvedimenti diversi – spiega il presidente di Fipe-Confcommercio, Lino Stoppani – questa confusione è francamente inaccettabile, servono misure compensative per il nostro settore. Una saracinesca abbassata significa il fallimento di un progetto, dipendenti da liquidare, famiglie in bilico, spazi che si aprono per la criminalità. Certi fenomeni si annusano". Un allarme proiettato anche sul futuro, perché la vera ondata di chiusure non c’è ancora stata e, d’altra parte, l’apertura di nuove attività è ridotta al minimo. "Gran parte delle aperture riguarda progetti già avviati prima del lockdown – spiega Clara Garibello, direttore di ricerca di Scenari Immobiliari – in questo momento stanno soffrendo soprattutto le maggiori arterie commerciali, da Montenapoleone a corso Buenos Aires. Dal 2011 la ristorazione a Milano è cresciuta del 66% in quanto a numero di attività, questa città è stata una fucina di innovazione". Confronto impietoso con la situazione attuale. Con una riduzione del fatturato del 10% un locale "non riesce a sopravvivere": solo l’affitto pesa per il 30%, mentre la metà del fatturato serve per coprire il costo del personale.

"Prevediamo per il futuro un calo del 5-20% dei canoni di locazione – prosegue Garibello – anche attraverso negoziazioni al ribasso per riequilibrare la situazione". Per ora i canoni restano stabili, e a fine mese l’affitto o il mutuo va pagato. Prevede un boom di aste giudiziarie l’imprenditore Andrea Gilardoni, fondatore della piattaforma di lending crowdfunding Rendimento Etico, che in collaborazione con Credito Italia acquista immobili pignorati a prezzi che consentono al proprietario di azzerare il debito. "Dal lockdown abbiamo registrato una crescita del 30-40% delle richieste di supporto da parte di commercianti – spiega – purtroppo i negozi su strada hanno sempre meno appeal, mentre una strada per riqualificare laboratori artigianali è quella del cambio di destinazione d’uso". Loft e mini-appartamenti, al posto di piccole imprese finite nel vortice.  

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