
Uno dei rapinatori con la maschera durante un colpo in banca
Milano, 9 marzo 2018 - Affascinati dalla serie tv Gomorra, prima di uno dei loro colpi si caricavano ascoltando musica neomelodica napoletana, pur non avendo alcuna origine partenopea. Colpi che venivano messi a segno facendo irruzione nei vari istituti di credito con lo stesso copione: indossando maschere di lattice, armi in pugno, giubbotti antiproiettile sotto gli abiti per poi fuggire a bordo di moto di grossa cilindrata rubate.
Per questo oggi Jari Viotti, il capo della "banda della maschera" è stato condannato a Milano a 20 anni di carcere con rito abbreviato, suo fratello Claudio a 3 anni e 2 mesi e il loro complice Davide Graziano a 10 anni e 8 mesi. Il primo è ritenuto anche responsabile del tentato omicidio di un carabiniere che per avere intimato l'alt nel 2015 venne ferito con sei colpi. Le rapine al centro dell'indagine del pm Luigi Luzi sono 25 - a Claudio Viotti ne è stata contestata una - e sarebbero avvenute dalla fine del 2014 in banche e negozi dell'hinterland a nord del capoluogo lombardo: 200mila euro il bottino. Le difese dei tre ricorreranno contro la sentenza del gup Alfonsa Ferraro. Durante le indagini coordinate dal pm Luzi e dal collega Andrea Fraioli e svolte dai carabinieri, nei 2015 furono arrestati in flagranza di reato Jari Viotti e Graziano: furono trovati in possesso, nascosti in un box, di 900 grammi di cocaina e 800 grammi di marijuana, droga che era stata acquistata con parte dei bottini dei colpi e pure di due pistole e un fucile calibro 12 con canne mozzate. Per questa vicenda sono già stati condannati a 7 anni. Claudio Viotti allora era già in carcere per reati di droga.
Tutti e tre, residenti a Quarto Oggiaro, quartiere di Milano, nel giugno dell'anno scorso furono poi destinatari di una nuova ordinanza di custodia cautelare dopo essere stati individuati, a vario titolo, come i responsabili di 25 rapine (tra tentate e consumate, 22 in banca, 2 a supermercati e una in una gioielleria nei paesi nell'hinterland a nord di Milano) e pure quella in cui venne ferito il carabiniere. Durante l'inchiesta, dopo il sequestro di caschi da moto, guanti e maschere di lattice - acquistate in Germania con ordini fatti a nome di un'altra persona - venne effettuato il prelievo coattivo del Dna ai tre. Jari Viotti si era fatto tatuare sulla tempia «a capa mia nonè bona» e cioè «la mia testa non è buona» e come è emerso dal provvedimento di arresto dell'anno scorso i componenti della banda, non solo subivano il fascino di Gomorra e dello stile narrativo criminale della serie e parlavano pure senza alcun filtro delle rapine da realizzare e di quelle compiute. Il bottino accertato dalle indagini della procura e dai militari del comando provinciale supera i 200mila euro, soldi spesi al casinò di Campione (sembra che andassero a giocare più volte alla settimana), per acquisto di auto e piccoli carichi di droga da rivendere. Uno di loro aveva condiviso sui social una fotografia con una pistola in pugno e pubblicava video su YouTube in cui ostentava e celebrava la vita da criminale.
I tre oggi condannati in abbreviato durante il processo hanno ammesso in buona parte gli addebiti. Per due di loro il giudice Ferrar,o che depositerà le motivazioni entro 60 giorni, ha escluso l'aggravante della recidiva.